di Adriana Spera
Come Il Foglietto ha più volte scritto, l’attacco del governo Berlusconi ai lavoratori pubblici non ha precedenti nella storia del nostro Paese.
Oltre all’inaudita cancellazione, di dubbia costituzionalità, dei contratti collettivi fino al 31 dicembre 2013, attuata con l’art. 9 del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito in legge n. 122 il 30 luglio 2010, la stessa compagine governativa, con un precedente provvedimento legislativo (art. 67 del decreto legge n. 112/2008, convertito in legge 133/2008), ha deciso l’abbattimento nella misura del 10% dei fondi per il salario accessorio, che come noto, con l’indennità mensile e annuale (entrambe pensionabili), è parte integrante della retribuzione.
Ed è proprio su queste due indennità, non accessorie ma fisse e continuative e solo finanziate col salario accessorio, che si è accesa una interessante disputa interpretativa tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Aran.
Quest’ultima, nella inusuale diatriba, ha assunto la veste di “colomba”, facendo presente in un botta e risposta epistolare con il dicastero di Tremonti, che ai fini di un corretto inquadramento della vicenda, non può essere trascurato l’operato dell’Inpdap che fin dal 2002 ha più volte ribadito che “date le caratteristiche di continuità e fissità rivestite dagli emolumenti in esame, si ritiene che l’indennità di ente (sia annuale che mensile, ndr) incida nella quota di pensione di cui all’art. 13, lettera a) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503”.
In pratica, l’Inpdap conferma pienamente la tesi secondo la quale le indennità di ente annuale e mensile, essendo fisse e continuative, non sono salario accessorio, anche se finanziate, per disposizione contrattuale, con i fondi ad esso destinati.
Secondo la replica dell’Economia, la disposizione legislativa taglia salario (art. 67) “non fa riferimento a singole voci retributive, ma si limita a prevedere un abbattimento del 10% dei fondi per il trattamento accessorio”, per cui “ribadisce l’avviso secondo cui solo l’indennità annuale vada salvaguardata dalla decurtazione” del 10%.
Si tratta di una tesi che appare infondata in fatto e in diritto, che urta contro i principi giuridici più elementari e non tiene conto di una realtà assolutamente consolidata che vede le due indennità prive di connotazione accessoria, stante, come già detto, la loro pensionabilità
E’ auspicabile che le delegazioni sindacali, soprattutto quelle “amiche” del governo in carica, non accettino supinamente l’ennesimo assalto alla busta paga dei lavoratori.