di Antonio Del Gatto
Ai fini dell'ammissione a selezione di un precario, collaboratore o con contratto a tempo determinato, cui consegue l'inserimento definitivo nella pianta organica dell'Amministrazione che ha bandito il concorso, il candidato deve possedere il titolo di studio previsto per l'accesso alla qualifica cui egli aspira, e ciò anche se la procedura selettiva è riservata ad una particolare tipologia di personale.
Non è invocabile, da parte del collaboratore esterno privo del titolo richiesto, alcun automatismo in ordine al passaggio dallo status di collaboratore a dipendente dell'amministrazione.
Tale passaggio, infatti, è subordinato, invece, al superamento di apposita selezione da espletarsi nel rispetto della vigente normativa regolamentare. A sostenerlo è stato il Tar del Lazio, con sentenza n. 32515 del 28 settembre 2010.
Sempre secondo il Tar, il precario senza titolo di studio non può invocare alcuna disparità di trattamento rispetto all'inquadramento nei ruoli dell'ente di un dipendente, sprovvisto di titolo di studio, ma che nell'amministrazione di provenienza rivestiva un profilo equiparabile a quello conferitogli nel nuovo ente.
La decisone del Tar sembra confermare l'illegittimità dell’operato di alcuni enti di ricerca (Ispra e Inaf, in particolare) che in fase di approntamento delle tabelle di equiparazione, avallate dai sindacati (ma non da Usi/RdB) hanno sottoinquadrato i dipendenti sprovvisti di titolo di studio.