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Mercoledì, 03 Lug 2024

GabonMolti di noi si sono ricordati dell’esistenza del Gabon solo perché quest’estate si è consumato un colpo di stato ai danni della dinastia che guidava questo piccolo e ricco paese africano da alcuni decenni.

Mentre gli osservatori attendono di vedere se il nuovo autonominatosi presidente darà realmente seguito alla sua promessa di libere elezioni fra qualche tempo, vale la pena segnalare un interessante articolo pubblicato dal PIIE, che ci ricorda un’altra caratteristica del Gabon, comune a molti paesi africani, ossia la circostanza che il suo sottosuolo è ricco di materie prima e, in particolare, di manganese, un minerale che promette di dare molte soddisfazioni ai produttori di batterie per le automobili, alla ricerca del moderno sacro graal di un minerale ampiamente disponibile e per giunta sostenibile ed “etico” quanto alle modalità di estrazione capaci di favorire la produzione di batterie potenti ed economicamente sostenibili.

Il PIIE, molto opportunamente, ci ricorda che questo minerale è nelle liste dei minerali critici per la transizione energetica sia degli Usa che dell’Ue, e che il Gabon, come si può osservare dal grafico sotto, è il secondo produttore dopo il Sud Africa di manganese al mondo, con la Cina grande consumatrice con oltre il 58 per cento della produzione globale. Ma fino a quando? 

Il manganese ha diversi usi industriali, e solo negli ultimi anni è stato sperimentato con relativo successo come componente dei catodi delle batterie per risparmiare nichel. Ma si tratta di un percorso ancora di lungo termine, che però, se dovesse condurre ad esiti positivi replicherebbe copioni che abbiamo già osservato, ad esempio col litio.

Nel frattempo che l’industria delle batterie cerca il suo futuro, il piccolo Gabon si trova come molti paesi africani nel guado fra sviluppo – che significa non limitarsi a fornire solo materie prime ma imparare a raffinarle, e quindi risalire la catena del valore – e stagnazione, che ha a che fare con la solita storia di un paese intrappolato in una storia di familismo, corruzione e popolazione con un indice di mortalità infantile che rimane drammatico. Peraltro il Gabon dispone di porti e ferrovie che potrebbero facilitare la sua vocazione alle esportazione, magari di minerali raffinati.

Rimane quindi da capire in che modo il nuovo governo affronterà questi dossier. Sicuramente i golpe, almeno nella fase iniziale, non aiutano a generare fiducia da parte degli investitori che, molto cinicamente, preferiscono un governo dispotico ma stabile, a un governo che promette democrazia ma rischia di generare instabilità. E’ vero altresì che i flussi di investimenti diretti nel Gabon erano in calo già dal 2020, mentre all’indomani del golpe le obbligazioni denominate in dollari del paese perdevano il 10 per cento. Golpe peraltro che è arrivato qualche mese dopo l’ennesima visita di un esponente dell’ex governo del Gabon in Cina.

La Cina d’altronde è sempre il convitato di pietra, quando osserviamo l’Africa. L’autentica novità di questi ultimi decenni, in questa zona del mondo, è stata l’espansionismo cinese in tutto il continente, al quale ha corrisposto un graduale disimpegno di molti paesi occidentali. Ma questo accadeva prima delle varie crisi e dell’idea della transizione energetica. I tempi sono cambiati. E anche l’Africa non è più la stessa di trent’anni fa. Quindi neanche il Gabon.

Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
Twitter @maitre_a_panZer
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