Poiché l’andamento del debito, che è anche quello della ricchezza, racconta la storia di una società, è molto istruttivo spendere un po’ di tempo all’ultimo Global debt report che Ocse ha dedicato a una componente importante del debito in giro per il mondo: il debito obbligazionario, suddiviso nelle sue componenti di debito pubblico, o “sovrano”, e debito privato, tipicamente “corporate”.
La fine della storia, che non sorprenderà nessuno, è che il debito obbligazionario è cresciuto spasmodicamente, ed è destinato a crescere ancora, specie in considerazione del fatto che intanto che scade il vecchio debito, contratto a tassi rasoterra, bisogna rivenderlo a tassi di ben altro livello, il che complica non poco la gestione della spesa corrente, e incoraggia la produzione di nuovo deficit, che se il tasso di crescita rimane sotto il livello dei tassi di interesse, produce nuovo debito (il cosiddetto effetto palla di neve, o snowball).
I numeri sono molto eloquenti. La somma di debito pubblico e privato ha portato a quasi 100 trilioni lo stock obbligazionario globale, un livello che ormai eguaglia il pil mondiale. E come se non bastasse, “i bisogni di prestiti sono più alti che mai”, avverte l’istituto parigino. D’altronde, abbiamo molti grandi progetti sul tavolo. Uno per tutti: decarbonizzare l’ambiente. E stendiamo un velo sull’imbruttirsi delle relazioni internazionali, che incoraggiano i bisogni di spesa militare.
Questi 100 trilioni si dividono fra debito sovrano (54 trilioni solo per i paesi Ocse) e corporate, per la differenza. Gli Stati Uniti pesano circa la metà di questa montagna di debiti, il doppio di quanto non fosse nel 2008. Ma, d’altro canto, anche la Cina e le economie emergenti hanno raddoppiato il loro livello di indebitamento, nel frattempo.
A livello corporate, il debito è passato da 21 a 34 trilioni dal 2008 al 2023. La crescita dei debiti è stata inversamente proporzionale alla qualità del merito di credito, che si è deteriorata costantemente. Quindi abbiamo un settore corporate più indebitato e meno solido.
Tutto questo mentre le banche centrali, che sono state grandi acquirenti di debito, di fatto incoraggiando le emissioni, hanno iniziato a disfarsi dei loro titoli. Non sarà la tempesta perfetta. Però ci somiglia.
E’ chiaro che serve un colpo d’ala: idee nuove. Non si può pensare di gestire questa massa di debito a lungo, e pensare anche di doverne fare altro per affrontare alcuni impegnativi appuntamenti con la storia, con un sistema finanziario (e monetario) che è lo stesso dagli anni ’80.
Servirebbe un grande sforzo cooperativo per trovare una soluzione di sistema capace di rendere sostenibile questi debiti e intanto recuperare le risorse necessarie per i nuovi investimenti. Una sorta di Next Generation Ue, ma a livello globale. Purtroppo di questo sforzo cooperativo non si vede neanche l’ombra.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
Twitter @maitre_a_panZer