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Venerdì, 05 Dic 2025

Tresaury bond canvaQuando si legge dei rischi del debito statunitense, di recente al centro dell’attenzione non proprio benevola delle agenzie di rating, si dovrebbe sempre ricordare che oltre a quelli squisitamente macroeconomici, quindi connessi alla sostenibilità di questo debito, se ne annidano altri meno comprensibili e decisamente difficili da osservare per il grande pubblico, come quello messo in evidenza nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria del Fmi, icasticamente rappresentato dal grafico in basso.

Che significa? Molto semplice: il mercato dei titoli di stato Usa in circolazione, i Treasury, ha raggiunto in valore il 500% del totale dei bilanci dei principali broker-dealer, ossia i grandi mercanti di questi titoli, che in sostanza sono chiamati a sostenerlo.

Questa informazione ne contiene molte al suo interno. La prima, quella più evidente, è il dato storico. Fino alla crisi del 2008, questa percentuale tendeva a decrescere, puntando verso il 100%, ossia un sostanziale equilibrio fra peso del debito e capacità dei compratori/venditori di sostenerlo.

Ricordo che questi broker sono intermediari vitali nel mercato dei titoli. Consentono il funzionamento delle emissioni, interponendosi fra il Tesoro e il mercato retail e dei grandi investitori professionali.

Con una quantità di Treasury che ormai equivale a cinque volte i bilanci di questi operatori, “gli spread sui pronti contro termine – che rappresentano gli importi richiesti dai dealer per finanziare l’acquisto di titoli del Tesoro da parte dei loro clienti – sono diventati più sensibili alla quantità di emissione di titoli del Tesoro. Episodi di deterioramento della liquidità del mercato potrebbero diventare più probabili, spingendo al rialzo i premi a termine e i rendimenti dei Treasury”, scrive il Fondo monetario internazionale (Fmi).

Per dirla diversamente, gli episodi di sofferenza dei bond Usa che si osservano ormai da settimane, con rendimenti che rivedono livelli ormai dimenticati, non dipendono solo dai capricci degli investitori che si sono disaffezionati dei titoli Usa. Ci sono anche fattori tecnici che agiscono in profondità, aumentando o esasperando la volatilità. “Le turbolenze di mercato seguite all’annuncio delle tariffe del 2 aprile hanno visto lo smantellamento di popolari operazioni con leva finanziaria come i Treasury cash-futures basis trade e gli swap spread trade. In quest’ultimo caso, le turbolenze hanno aumentato i requisiti di margine e forzato un’ondata di deleveraging da parte degli investitori che si erano posizionati per un calo dei rendimenti rispetto ai tassi swap. Ciò ha comportato un forte restringimento degli swap spread e condizioni di liquidità del mercato più difficili. Il forte calo degli spread sarebbe stato esacerbato dal raggiungimento dei limiti di capacità da parte dei dealer e dalla loro difficoltà ad assorbire i titoli del Tesoro venduti durante il deleveraging”, scrive ancora il Fmi.

In sostanza, il mercato dei Treasury è diventato troppo grande rispetto alla capacità degli operatori tradizionali di intermediarlo. Questo crea tre potenziali fragilità: possibile frizione nella trasmissione della politica monetaria, se il mercato secondario dei Treasury diventa meno liquido o più volatile; minor capacità di assorbimento da parte dei broker-dealer in caso di turbolenze o vendite massicce; maggiore dipendenza da acquirenti marginali meno stabili o meno sensibili ai prezzi (hedge fund, fondi monetari, banche centrali estere, o la stessa Federal Reserve).

Si sta consumando, insomma, una tensione strutturale tra due mondi che dovrebbero invece funzionare senza frizioni per non generare shock: da una parte una politica fiscale espansiva che non sembra intenzionata a smettere di esserlo, e dall’altro la struttura della finanza privata sempre più vincolata dal peso che è chiamata a sostenere. L’attuale configurazione suggerisce che, senza interventi - come un allargamento della platea stabile degli acquirenti, una maggiore capacità di bilancio per i dealer o un ruolo più esplicito della banca centrale - il rischio sistemico nel mercato dei Treasury è destinato ad aumentare. E quindi il rischio sistemico tout court, visto che i Treasury sono la carta principale alla base degli scambi finanziari internazionali. Meglio ricordarlo.

Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”
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