di Rocco Tritto
In tempi non sospetti, due settimane fa, Il Foglietto ha dedicato due articoli alla politica del ministro Brunetta. Il primo, dal titolo “Sul decreto 150, Brunetta corre ai ripari...” e, il secondo, “L’acchiappafannulloni è al capolinea”.
In entrambi, venivano sottolineate ambiguità e contraddizioni contenute nel provvedimento “epocale” varato sedici mesi fa dal governo.
A distanza di poco, le antinomie sono clamorosamente esplose e Brunetta è stato costretto a effettuare, con il supporto determinante di Cisl e Uil, una inopinata correzione di rotta.
Di fronte alla macroscopica incongruenza, che vedeva il Governo, da un lato, con legge 122/2010, bloccare i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici fino a tutto il 2013, con le retribuzioni inchiodate al 2010, senza alcuna possibilità di subire variazioni (né in aumento né in diminuzione), e, dall’altro, con il d.lgs. 150/2009, ostinarsi nel disegno di valutare la performance, che, come noto, comporta la cancellazione del salario accessorio per il 25% dei lavoratori e il conseguente raddoppio per un altro 25%, Brunetta ha dovuto fare una piroetta, stabilendo che, sì, la “valutazione” si farà, ma che al 25% dei “fannulloni”, sino alla fine del 2013 non verrà falcidiata la busta paga.
Mentre il 25% del “superbravi” verrà ripagato in media con una ventina di euro lordi.
Presi da dove? Dai risparmi di gestione del personale (il cosiddetto “dividendo dell’efficienza”), che gli enti realizzeranno licenziando il personale precario.
Una disdicevole guerra tra poveri, alimentata da un governo in agonia, al quale alcune sigle sindacali irresponsabili cercano di dare ossigeno.