di Adriana Spera
Venerdì si è tenuta in trenta paesi europei la sesta notte dei ricercatori, promossa dalla Commissione Europea nell'ambito del Programma Quadro in Ricerca e Sviluppo Tecnologico.
In Italia, dove la ricerca non è una priorità, la manifestazione, per la prima volta è uscita dai confini dell'Emilia-Romagna (regione promotrice fin dalla nascita attraverso la propria Agenzia per l'innovazione e il trasferimento tecnologico) ed ha coinvolto istituzioni universitarie di altre Regioni e istituti di ricerca come Cnr, Inaf, Enea, Ingv.
Venti gli eventi, dislocati in 10 regioni. Hanno partecipato migliaia di spettatori, ma solo 400 ricercatori e docenti a tempo indeterminato. Assenti giustificati i precari.
Lo stesso rettore dell'università di Bologna, commentando le assenze, ha detto: "per i ricercatori c'è del buio, ma loro possono illuminare la notte".
Come, non è dato sapere, alla luce dei provvedimenti che hanno destabilizzato e posto sotto tutela ministeriale università e ricerca, riportandole indietro nel tempo. Il governo non ha un progetto preciso, se non quello di aziendalizzare e imbavagliare la ricerca. In questi mesi abbiamo assistito alla cancellazione di enti volta esclusivamente a mandare a casa i precari.
L'Italia è ormai il fanalino di coda nei finanziamenti alla ricerca con l'1,13% del Pil e appena lo 0,6% degli occupati. Questi i dati nazionali ma le sperequazioni tra una regione e l'altra sono enormi.
La Calabria è in coda. Ed è proprio in Calabria che si registra l'ultimo dei paradossi, con la Regione che sta facendo di tutto per far chiudere i battenti a un centro d'eccellenza nel campo della ricerca pubblica, così finendo per favorire gli interessi della sanità privata.