di Adriana Spera
In un momento come quello attuale, che vede cancellare conquiste sociali faticosamente ottenute, la partita che si gioca da oggi a mercoledì va ben oltre l’elezione dei rappresentanti sindacali che siederanno in organismi dagli scarsi poteri come le Rsu.
In ballo c'è il futuro dei lavoratori e di quanti entreranno nel mondo del lavoro, ma anche l'idea che si ha di sindacato.
La scelta è tra un sindacato azienda, che baratta i diritti in cambio della gestione di servizi: dai fondi pensione ai Caf, per passare attraverso i Patronati.
Tra un sindacato che sponsorizza le polizze sanitarie e uno che difende il servizio sanitario pubblico. Tra un sindacato che, di fronte a casi di mala gestio, fa finta di non vedere e uno che chiede il rispetto delle regole e denuncia sprechi e corruzione, moltiplicatori del debito pubblico e come tali, causa di erosione dei salari. Tra un sindacato che ha sedi ed apparati elefantiaci in gran parte pagati della collettività e uno che, con poche risorse, riesce a fare molto. Tra un sindacato che anche in un momento di crisi fa cartello nel fissare l'importo della quota mensile a carico degli iscritti e un sindacato che, con pochissime risorse, opera come una associazione di mutuo soccorso tra gli iscritti.
Dalle scelte che i lavoratori da oggi a dopodomani faranno, dipenderà il futuro di tutti, perché dopo l'8 marzo, archiviata la pratica Rsu, i grossi sindacati di fronte alla cancellazione dell'art. 18 e alla introduzione del contratto unico per tutti, pubblici e privati, abbaieranno alla luna, come avvenuto per il taglio delle pensioni.
Nel cassetto di Confindustria e Governo c'è sempre un premio di consolazione: ieri i Patronati e i Caf; oggi i Fondi pensione; domani la gestione della formazione e dell'apprendistato.
A riscuoterlo saranno, come sempre, sigle il cui modello di sindacato è lontano anni luce da quello di Usi-Ricerca.