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Mercoledì, 03 Lug 2024

di Adriana Spera

Finalmente, dopo un anno il governo Monti va a casa. Spiace che a far interrompere l'esperienza sia stato il peloso populismo pre-elettorale di chi, più di altri, è in sintonia con le politiche dei professori, come dimostrano i provvedimenti presi in questi dodici mesi: del tutto in continuità con quelli del governo precedente.

A qualche democratico, dimentico che il suo partito ha votato circa 50 volte la fiducia al governo tecnico, forse sarebbe piaciuto che a staccare la spina fosse stato il suo partito dopo la tornata delle primarie, ma così non è stato, visto che Bersani è corso subito a rassicurare i mercati con un'intervista al Wall Street Journal, in cui ha dichiarato: «noi rispetteremo gli impegni presi con l'Unione europea e li faremo nostri». Inoltre, ha aggiunto che, nonostante le insistenze dell’alleato Vendola, «la discussione sull’articolo 18 è un capitolo chiuso».

Dichiarazioni che non possono destare meraviglia dopo che il Pd ha espresso il suo voto favorevole su tutti i provvedimenti che in dodici mesi hanno cancellato diritti faticosamente conquistati dai lavoratori nel corso di decenni: dalla nuova legge sulle pensioni, alla cancellazione dell'art. 18, al peggioramento delle norme sul precariato.

Provvedimenti spesso celati dietro nomi tanto altisonanti quanto devastanti: Salva Italia, Cresci Italia, Spending Review. Sta di fatto che dopo un anno dall’esplosione della crisi siamo passati alla decrescita e le previsioni per il 2013 non sono certo rosee.

Solo per citare qualche dato, secondo le stime più recenti del Centro Studi Confindustria, il Pil diminuirebbe quest'anno del 2,1% e nel 2013 dell'1,1%. Il tasso di disoccupazione toccherà quest'anno il 10,6% (nel 2011 era l'8,4%), ma crescerà ancora nel 2013 (11,8%) e nel 2014 (12,4%). La spesa delle famiglie arretra quest'anno del 3,2% e il prossimo anno dell'1,4%. Gli investimenti fissi lordi sono crollati nel 2012 dell'8,2% e fletteranno di un ulteriore 1,8% nel 2013. A questo quadro a tinte fosche si può aggiungere che è disoccupato il 36,5% dei giovani nella fascia d'età 15-24 anni e il 22% sono quelli che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet (Not Eucation Employement or Training) e sono state concesse oltre 1 miliardo di ore di cassa integrazione. E si potrebbe continuare con molti altri indicatori, tutti negativi.

Insomma, siamo dinanzi a un disastro, eppure la gran parte dei media italiani ed esteri piange la dipartita dei professori e una buona parte dell'opinione pubblica ingenuamente pone in primo piano l'immagine all'estero del governo dimenticando la situazione che si sta vivendo nel paese.

Ma non basta, i professori, comunque vada, “chiuderanno in bellezza” con la cosiddetta Legge di stabilità (ma non si chiamava finanziaria?) che di certo avrà una funzione stabilizzatrice, quella di mantenere intatto lo stato delle cose: dalla crisi alla disastrosa gestione del territorio, dal definanziamento di scuola, cultura, università, ricerca, welfare al finanziamento di opere tanto inutili quanto costose e devastanti.

Solo le spese militari e gli stanziamenti per “grandi opere” pubbliche cresceranno di 5,5 miliardi le prime e di 2,76 miliardi le seconde. Mentre si confermano opere faraoniche, la spesa sociale è dimezzata, circa 170 imprese medio grandi rischiano di chiudere lasciando a casa altri 300.000 lavoratori, che si sommeranno al milione che già è rimasto senza lavoro, decine di Comuni rischiano di fallire e di non poter più pagare i dipendenti.

Sembra di rivivere il mito di Sisifo visto che se da un lato ai lavoratori dipendenti si chiedono sempre maggiori sacrifici, nulla si fa per fermare la speculazione finanziaria, che ha generato e genera la crisi economica.

Pur essendo stato trovato un accordo sulla Tobin Tax, che dovrebbe colpire i profitti finanziari, sul piano legislativo tutto è fermo. Il debito pubblico è aumentato, superando i 2000 miliardi – come anticipato da Franco Mostacci nel suo editoriale apparso sul Foglietto della scorsa settimana - ma si sono dati denari quasi a costo zero alle banche private, che continuano ad emettere indisturbate titoli tossici. La legge di stabilità è solo un assaggio di quel che ci verrà propinato con l'adozione del Fiscal Compact, che comporterà manovre da 40-50 miliardi l'anno per arrivare, tra venti anni, ad avere un debito pubblico pari al 60% del Pil.

Finora, il conto l'hanno pagato solo i lavoratori dipendenti, la parte più debole della popolazione. Ma quanto potranno resistere ancora? Forse sarebbe ora che a pagare fosse quel 10% che possiede la metà della ricchezza complessiva, che fossero gli evasori e gli speculatori. Ma tutto questo ai politici non sembra interessare, dimentichi che a soffrire e a vedersi private del futuro sono persone in carne e ossa, perché troppo presi dal garantirsi la conferma del proprio strapuntino. Incapaci di pensare ad un modello diverso di paese - un paese equo, in cui vi sia una gestione del territorio e delle risorse sostenibili, il rispetto dei diritti umani e civili – fanno di tutto per lasciare immutato un modello che ha miseramente fallito.

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