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Mercoledì, 03 Lug 2024

di Adriana Spera

Gli italiani sono stufi. Stufi di subire provvedimenti iniqui che li impoveriscono ogni giorno di più e che hanno fatto avvitare la crisi su se stessa; stufi di fare sacrifici mentre c'è una classe politica che gode di privilegi unici al mondo; stufi di essere governati da persone che non conoscono minimamente i problemi che affliggono le persone comuni; stufi di subire ricatti e corruzione; stufi di veder franare il paese mentre si fanno spese per costruire opere tanto faraoniche quanto inutili e devastanti; stufi di vedersi tagliare i servizi essenziali mentre si acquistano aerei da guerra per 15miliardi. Ma, soprattutto, gli italiani sono stufi di una classe politica supponente e autoreferenziale, non solo nazionale, che pensa di poterli mettere sotto tutela.

Per questo il grande sconfitto della tornata elettorale appena conclusa è il centrosinistra o, meglio, il Partito democratico che, se da un lato ha fatto le primarie coinvolgendo milioni di elettori, dall'altro si è subito smentito mettendo nei posti sicuri vecchie cariatidi della politica e personaggi di richiamo, tanto diversi fra loro quanto portatori di una esigua dote di voti.

Un discorso a parte merita Vendola, che si è sconfitto da sé, visto che, se da un lato, era portatore di istanze innovative sui temi dei diritti civili e di una forte richiesta di equità sui temi del sociale, dall'altro, partecipando alle primarie, aveva sottoscritto una carta d'intenti che prevedeva un accordo con il centro di Monti e, quindi, con chi non avrebbe mai accettato quelle proposte.

Ma, soprattutto, è risultato sconfitto l'approccio autoreferenziale di certa sinistra ai problemi; l'incapacità di ascoltare chi i problemi ce li ha per davvero; l'essere avulsi, lontani dalla realtà drammatica del quotidiano che vivono gli italiani; l'aver perso il senso della rappresentanza, della delega temporanea a rappresentare gli interessi degli elettori. Un modo di porsi che si è potuto rilevare anche nel tipo di comunicazione linguistica durante la campagna elettorale.

Come si può pensare che chi sta subendo ormai da cinque anni la più grave crisi economica della storia, chi convive con la disoccupazione, chi non ha alcuna prospettiva di futuro possa eleggere come Premier uno che non conclude mai un concetto, che dice frasi tipo: “quella cosa lì”, “quello lì”, per non parlare di “non stiam mica qui a pettinar le bambole” e altre amenità? Insomma, uno che non ha saputo comunicare la propria ricetta per uscire dalla crisi.

Né è andata diversamente con Vendola che in disparte l'eloquio astruso, ha parlato quasi esclusivamente di diritti civili. Certo un tema importante, ma in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo, il suo è apparso un atteggiamento alla Maria Antonietta: “Non hanno pane? Dategli le brioches”.

E' proprio sul piano della comunicazione, non condivisibile ma linguisticamente chiara, che ha “vinto” il Cavaliere, andando ovunque, anche nelle trasmissioni di nicchia, parlando di fisco e lavoro (in modo chiaro ma bugiardo, visto che la sua proposta per dare occupazione ai giovani prevede cinque anni di lavoro senza contributi) ossia ciò che più preme agli italiani.

Ma c'è un altro sconfitto ed è Monti. Era certo di andare ben oltre il 20%, a mala pena è riuscito ad entrare in Parlamento. Un personaggio con un'alta considerazione di sé e delle proprie ricette, nonostante il disastro che esse hanno prodotto sia sotto gli occhi di tutti. In ogni caso, appare inquietante che il 10,6% degli elettori possa aver votato un candidato Premier che balbetta ed ha bisogno di leggere ogni cosa che dice, ma evidentemente corrispondono in gran parte a quel 10 per cento che negli ultimi venti anni, e con la crisi, ancor più si è arricchito, fino a concentrare nelle proprie mani il 45% della ricchezza della nazione.

Insomma, l'Italia dei ricchi non si sente più rappresentata e garantita nei propri interessi da Berlusconi ma da Monti.

Chi è responsabile della situazione che si è venuta a determinare? Grillo? Certamente no, egli è portatore di quelle istanze di rinnovamento e di equità che partono dai cittadini sempre più in affanno. Ha saputo rappresentare meglio della sinistra-sinistra di Rivoluzione Civile le istanze della gente comune. Ma, soprattutto, ha colto il cambiamento più importante in essere, ossia, che nell'epoca della rete, quando la comunicazione avviene in tempo reale e a farla non necessariamente sono i media nelle mani dei poteri forti ma il popolo stesso la democrazia può e deve essere davvero partecipata, le scelte devono essere condivise, i provvedimenti possono essere elaborati in modo collettivo.

Comunicazione e trasparenza devono divenire i capisaldi della democrazia 2.0.

Allora se non è Grillo. chi è responsabile? Innanzitutto, il mondo dell'informazione che, continuando a demonizzare chi è fuori dai canoni, non fa altro che rafforzarlo; che trattando gli italiani come incapaci di intendere e di volere, non fa altro che spingerli a votare chi viene demonizzato, come accaduto con Grillo. Per quest'ultimo, Curzio Maltese su Repubblica si è spinto persino a porre all'indice i ragionieri (Grillo sembra abbia tale titolo di studio), dimenticando che fino a qualche decennio fa quello era titolo indispensabile per ricoprire gli incarichi strategici per il timone dell'economia, dal Ragioniere dello Stato al Governatore della Banca d'Italia.

Ma le responsabilità più gravi sono istituzionali, e sono, da un lato, di quelle Cancellerie europee che pensano di porre l'Italia sotto tutela. Un comportamento doppiamente inopportuno quando si parla di Germania, perché guardando alla nostra storia non possono che indignarci certe interferenze, troppo fresche ancora le ferite.

D'altro canto, la responsabilità più grave è di chi invece di scegliere nel novembre 2011 la via democratica del voto ci ha imposto un governo tecnico tanto illiberale quanto incompetente alla prova dei fatti.

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