di Adriana Spera
Il miglior museo scientifico europeo, il più efficiente incubatore di nuove imprese specializzate nelle ICT (Information & Communication Tecnology), una delle cento eccellenze italiane, un grande sogno: la Città della Scienza di Napoli è andata in fumo nella notte scorsa.
Nata dalla tenacia di un gruppo di giovani intellettuali napoletani, che dal 1987 si sono battuti per la riconversione della vecchia area industriale dimessa di Bagnoli e per dare alla città partenopea e alla sua antica e prestigiosa università un ruolo di guida e di raccordo per la ricerca nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
La struttura in quasi trent’anni è divenuta il simbolo del possibile riscatto della città. Il museo della scienza richiamava ben 350.000 visitatori l’anno, innumerevoli le iniziative didattiche, incubatore di imprese tra le più innovative, in un sud dove la disoccupazione giovanile, specialmente tra i neolaureati, è tra le più alte in Europa.
Insomma, un raro esempio da esportare, in poche ore è stato distrutto. Dall’incuria? Dagli appetiti di una speculazione di origine malavitosa? Al momento non è dato sapere.
Una cosa è certa: il paese deve dare un segnale immediato e cominciare da subito la ricostruzione di uno dei pochi fiori all’occhiello di cui si può vantare.