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Giovedì, 04 Lug 2024

Il nuovo disastro ambientale di Genova e le dichiarazioni del Capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli (La Repubblica, 12.1.2014) lasciano sgomenti.

Gabrielli ammette onestamente che le previsioni meteo sono risultate sbagliate, precisando anche che non sia il caso di crocifiggere nessuno.

Che la scienza non sia infallibile riguardo alle previsioni sui potenziali disastri naturali, lo ripeto inascoltato come un mantra da anni, in contrasto alle sicurezze granitiche che la Protezione Civile e i propri "scienziati" di riferimento forniscono riguardo al rischio Vesuvio.

Pur nella gravità di quanto successo a Genova a pochi anni di distanza dal precedente disastro alluvionale, quanto potrebbe succedere nell'area vulcanica Napoletana é inimmaginabile.

Il fatto che sia indispensabile una pianificazione di Protezione Civile dell'area vulcanica Napoletana lo afferma nella sua intervista lo stesso Gabrielli. Ciò che però non é assolutamente sostenibile nel caso del Vesuvio é il fatto che la Protezione Civile continui a basare il Piano di Emergenza sul fatto che i vulcanologi di cui si avvale la medesima Protezione Civile continuino a garantire che saranno in grado di prevedere una eruzione con largo anticipo.

Ho più volte scritto che questo può essere possibile, ma NESSUNO può garantire che poi nella realtà sarà così. La scienza non si fa per atti di fede.

Nel caso di Genova, per le errate previsioni meteo si sono verificati consistenti danni economici, ma fortunatamente poche vittime umane. Una previsione errata nel caso di eruzione improvvisa del Vesuvio - cosa che può benissimo verificarsi (vedi eruzione improvvisa senza preavviso del vulcano Ontake in Giappone di pochi giorni addietro, ed eruzioni con poche ore di preavviso dei vulcani Montserrat nel 1995 e Saint Vincent nel 1986, nelle Antille; l'eruzione del Montserrat si verificò tre anni dopo gli ultimi segnali premonitori, nel 1995, improvvisamente, gettando nel panico 15.000 persone; per il Saint Vincent, il risveglio si verificò con un solo giorno di preavviso nel 1979) - le vittime da contare potrebbero ammontare a centinaia di migliaia, senza considerare i danni materiali.

Bisogna che la Protezione Civile (e con essa Gabrielli) si convinca che la Natura "non conosce la matematica"; lasci quindi perdere i calcoli probabilistici, che già hanno fatto e fanno danni enormi nella "previsione" dei terremoti. Si tratta di falsa scienza! La Protezione Civile si adoperi a che il Governo faccia l'unica cosa possibile per un territorio esplosivo (e non solo dal punto di vista vulcanico) come quello Vesuviano e Flegreo: si appronti un piano, a lunga scadenza, per costruire vie di fuga, quanto più ampie possibile, per consentire alla popolazione di mettersi in salvo, allontanandosi autonomamente e nel giro massimo di 12 ore dalla Zona Rossa! E soprattutto si adoperi a che la Zona Rossa venga esclusa da qualsiasi ipotesi di potere usufruire dei benefici del nuovo condono edilizio che sta promuovendo la Regione Campania.

Il Dott. Gabrielli nella sua intervista cita un altro dato illuminate ma nello stesso tempo inquietante, vale a dire che i danni accertati per 14 delle 21 emergenze nazionali dichiarate negli ultimi 3 anni ammontano a 2 miliardi e 300 milioni di euro.

Sono convinto che il Dott. Gabrielli non possa non essere d'accordo che sarebbe molto più conveniente per l'economia del Paese fare investimenti, penso, più modesti per interventi a lungo termine di prevenzione.

E allora, perché proprio nel caso del Vesuvio la Protezione Civile continua a manifestare tanta fede nelle "previsioni" sacerdotali dei suoi scienziati di riferimento? Penso molto semplicemente che le eccessive rassicurazioni fornite alla Protezione Civile vengano da scienziati che confondano il ruolo della scienza con la religione.

La comunità scientifica, senza rinunciare alla propria autonomia, dovrebbe costringere i politici ad assumersi le proprie responsabilità, e a redigere, pertanto, programmi di protezione civile a lungo termine, fidando sul fatto che, fortunatamente, l’attuale stato di quiescenza del Vesuvio potrebbe durare ancora a lungo.

* Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

 

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