E' bastata la notizia di ieri che la Commissione europea vede la crescita del Pil italiano nel 2023 al 1,2%, sopra le stime del governo che la fissavano al 1%, per mandare in brodo di giuggiole non solo la destra al governo ma i nostri liberisti, centristi, moderati ecc. di ogni gradazione e sfumatura politico-ideologica.
Naturalmente, la Commissione dice pure che l'inflazione che si sta mangiando salari e stipendi mostra una certa persistente resilienza. Ma questo per lorsignori è del tutto secondario.
La cosa mi ha fatto sovvenire un discorso di Palmiro Togliatti a "Tribuna elettorale" alla vigilia del voto politico del 28 aprile 1963. L'epoca era completamente diversa, alle spalle c'era l'aumento esponenziale del Pil, la motorizzazione di massa, l'aumento dei consumi, i frigoriferi, i televisori, le lavatrici erano entrate nelle famiglie; insomma l'Italia aveva fatto il "boom" economico con una trasformazione profonda passando da società agricola-industriale a industriale-agricola. Oggi alle spalle non abbiamo questa affluenza, semmai precariato, bassi salari e stipendi.
Eppure il Pci andò avanti elettoralmente conquistando in quelle elezioni un milione di voti in più, pari a una media del 3% fra Camera e Senato. Per quell'epoca e per quel sistema politico basato sulla "conventio ad excludendum" verso il Pci, era un vero e proprio exploit. Ottenuto, tra l'altro, all'indomani dell'apertura a sinistra della Dc verso il Psi, con l'inaugurazione della stagione del centro-sinistra che aveva aperto molte speranze riformatrici.
Ebbene, nel suo appello elettorale durato 10 minuti, Togliatti trovò quel magistrale riferimento alle api di Virgilio, Voi fate il miele, oh api, ma sono altri che lo godono..., per dire come stavano le cose dal punto di vista dei lavoratori. Allora anche la cultura era intrinseca alla politica di sinistra e non era certo di ostacolo all'interpretare i sentimenti, le lotte e le speranze dei lavoratori. E i ceti popolari la capivano benissimo.
Fa un po' sorridere la narrazione pigra e imbrogliona degli ultimi trent'anni che per arrivare allo spettacolo abbastanza deprimente degli attuali partiti continua a mettere sotto accusa i partiti ideologici di ieri. Ma quei "partiti ideologici" erano molto più vicini ai sentimenti della gente, ai suoi bisogni, alle sue aspirazioni che non i carrozzoni infestati di trasformismo di quelli che sono venuti dopo e che ancora occupano, ahimè, la scena politica.
Aldo Pirone
scrittore e editorialista
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