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Mercoledì, 27 Set 2023

Penso alle 5 persone che hanno perso la vita nel torinese mentre erano al lavoro, a notte fonda. Erano giovani e alcuni padri di famiglia con figli. La radio dice che siamo arrivati a 450 vittime sul lavoro quest'anno. Il numero dei mutilati non è reso noto, rimane indefinito. Ed è solo agosto.

Operaie schiacciate nel telaio a cui avevano tolto i blocchi di sicurezza per produrre di più; edili schiacciati; riders investiti mentre andavano a consegnare due pizze in bicicletta...

È evidente che la questione dev'essere affrontata alle radici, come priorità nazionale, etica e umana. Occorre una rivoluzione nei paradigmi su cui si fonda l'economia : il PIL (Prodotto Interno Lordo) non registra queste cose, anzi, registrerà che dev'essere occorso un evento positivo,
perché valuta le transazioni e, in questo caso, le spese funerarie.

Una economia che si regge sempre più sulla disperazione dei disoccupati e sulla povertà, fa senso. I Sindacati hanno proclamato 4 ore di sciopero. Nemmeno un'ora a morto e soli 32 secondi per ciascuna delle vittime del 2023.

Se non si discute profondissimamente (per trarre conclusioni e linee d'azione) sulle esternalizzazioni del lavoro, sempre più appaltati e subappaltati a privati, ai livelli di sfruttamento raggiunti, alle garanzie diminuite e ai controlli sempre più carenti per deficit di personale e per inefficiente organizzazione istituzionale, agli errori (penso, tra l'altro, allo scioglimento dell'ISPESL, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, ente sotto il controllo del Ministero della Salute), allo smantellamento delle strutture di controllo in campo ambientale, produttivo, sanitario, trasportistico, la situazione non cambierà.

Il Presidente della Repubblica si dirà ogni volta "sconvolto"; i ministri, anziché mettere mano alla situazione lanciando una chiamata generale, continueranno a fare dichiarazioni di circostanza, e i lavoratori, da cui viene tutta la ricchezza dei Paesi e delle nostre società, continueranno a rischiare di non tornare a casa a fine turno.

Se nulla si muove per il cambiamento, c'è una sola via percorribile: la lotta di classe. Nulla di ideologico da parte mia, ma solo logica elementare considerazione, che sarebbe esagerato chiamare analisi.

Aggiunta: attuare la Costituzione, rendere la nostra Repubblica finalmente fondata sul lavoro.

damiani giovanni tondoGiovanni Damiani
Presidente G.U.F.I. - Gruppo Unitario Foreste Italiane
Già Direttore di Anpa e già Direttore tecnico di Arta Abruzzo
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