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Mercoledì, 03 Lug 2024

di Franco Mostacci

Alla vigilia della stagione referendaria sul nucleare torna di attualità il grido di allarme lanciato più di un anno fa da Gianni Lannes

giornalista investigativo freelance che ha pubblicamente denunciato lo smaltimento delle scorie radioattive attraverso le cosiddette navi dei veleni (http://www.youtube.com/watch?v=tixxM3WP1pw).

Secondo Lannes , esisterebbe un traffico di rifiuti radioattivi e chimici provenienti dalla centrale nucleare di Caorso, dove sarebbero stipati in container, per poi essere trasportati con camion  a La Spezia e caricati su "navi a perdere", ovvero navi che, raggiunto il luogo prestabilito nel Mar Mediterraneo, verrebbero lasciate affondare.

Un traffico che costituirebbe una manna per le ecomafie alle quali, secondo Lannes, sarebbe affidato il business.

Una vicenda dai contorni inquietanti, su cui grava "una sorta di congiura del silenzio, tesa ad evitare o depistare gli indispensabili accertamenti", come afferma il "Comitato per la verità sui traffici di rifiuti e materiali radioattivi" promosso da Legambiente nel 2007, sul cui sito vi sono documenti e testimonianze sulle numerose navi che appesterebbero i nostri mari (http://www.navideiveleni.it).

Anche se la Dda di Catanzaro nei giorni scorsi ha chiesto l'archiviazione del caso Cetraro, non avendo trovato riscontri alle dichiarazioni del pentito Fonti, autoaccusatosi di aver affondato la nave Cunski piena di fusti radioattivi, non si hanno certezze sulla presenza o meno di navi tossiche nei nostri mari. In Italia, il compito di trovare riscontri scientifici è affidato alla ricerca pubblica (Ispra, Enea e Cnr), che dovrebbe garantire un sistema di monitoraggio a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente.

Ma le scelte governative di recente hanno tagliato i finanziamenti, proprio in quei settori preposti ai controlli ambientali e agli interventi sulle emergenze. Una politica dissennata, che impedisce alla verità di venire a galla.

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