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Giovedì, 05 Dic 2024

Nei giorni scorsi, il Ministero dei Beni Culturali ha comunicato che il Museo Geologico Nazionale, sfrattato nel 1994 dalla storica sede romana di Palazzo Canevari, a Largo di Santa Susanna, con il suo ricco patrimonio tornerà ad essere fruibile per studiosi, scienziati di tutto il mondo.

Detta così potrebbe sembrare che finalmente riapra Palazzo Canevari. Tutt’altro, perché le collezioni del Museo Geologico Nazionale torneranno ad essere esposte entro la fine del 2021 presso la sede, molto meno prestigiosa, del Museo della Civiltà all’EUR, all’interno del quale vi è già il Museo di Geopaleontologia italiana intitolato a Quintino Sella. Lo stesso statista che, da appassionato studioso di mineralogia, fece costruire l’edificio in Largo di Santa Susanna, dove fino a 27 anni fa aveva sede il Museo Geologico.

Come Foglietto ci eravamo occupati della vicenda il 5 novembre 2015, con un articolo, dal titolo Il Museo geologico nazionale distrutto dalla finanza creativa, che oltre ad aver riscosso una grande attenzione tra i lettori, aveva suscitato anche l’interesse di alcuni senatori del Movimento 5 Stelle (Morra, Donno, Montevecchi, Moronese, Puglia, Santangelo, Petrocelli), che avevano presentato una interrogazione (n. 4-04916) - apparsa nel resoconto della seduta n. 548 del 3 dicembre - rivolta all’ormai sempiterno ministro per i beni e le attività culturali, Dario Franceschini.

Palazzo Canevari venne costruito tra il 1873 e il 1881, nell’ambito del progetto architettonico per l’insediamento del Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio, sull'area dell’ex convento di S. Maria della Vittoria e inaugurato nel 1885.

Realizzato dall’ex garibaldino e architetto Raffaele Canevari, oltre a presentare soluzioni progettuali all'avanguardia per quel tempo, è uno dei più fulgidi esempi di architettura liberty (queste caratteristiche fecero meritare all’edificio l’apposizione del vincolo architettonico nel 1991).

A Palazzo Canevari, fino al 1995, hanno avuto sede l’Ufficio Geologico Nazionale e l’annesso “Museo Geo-Paleontologico” (in origine denominato Museo Agrario Geologico). Quest'ultimo raccoglieva in preziose teche, le collezioni Paleontologiche e Litomineralogiche (oltre 150.000 reperti), la collezione di 17 plastici e la strumentazione tecnica che, dalla seconda metà dell’800 agli anni ’70 del ‘900, è stata utilizzata per la redazione della Carta Geologica d’Italia.

Eseguiti tra il 1875 e il 1915, i plastici hanno grande importanza storica perché, fino al 1870, la documentazione cartografica relativa al territorio italiano era pressoché inesistente, specialmente per il meridione d'Italia. Essi furono la prima rappresentazione dell'assetto demografico e geomorfologico del paese e risultarono utilissimi in circostanze eccezionali come il terremoto di Casamicciola (Ischia) del 1883.

Le collezioni, in origine, furono composte oltre che da importanti donazioni dei più grandi studiosi di fine '800, anche da reperti e campioni precedentemente esposti presso la Regia Scuola di Applicazione a Torino, il Museo di storia naturale di Pisa, il Museo di Storia Naturale di Firenze, il Distretto minerario di Caltanissetta e la Regia Università di Roma.

I reperti paleontologici, circa 100.000 pezzi provenienti principalmente da strati rocciosi della penisola italiana, stanno a testimoniare organismi vissuti nei mari e nei continenti nell'arco di circa 570 milioni di anni. Poi vi sono le collezioni litiomineralogiche, note in tutto il mondo, oltre 52.500 pezzi provenienti da diversi paesi, suddivise in: reperti edilizi e decorativi, reperti litologici e minerali.

Nell'insieme, le collezioni consentono, soprattutto, di ricostruire la storia del nostro territorio a partire dai 40.000 reperti raccolti per redigere la Carta geologica d'Italia, passando per quelli che ricostruiscono il nostro sistema minerario e industriale.

A tutto ciò vanno aggiunti gli arredi storici, oggetto di tutela quali beni culturali, la cartografia storica e l’enorme patrimonio librario, cartografico e documentale della Biblioteca.

Insomma, uno dei più prestigiosi e antichi musei di geologia esistenti al mondo, con una ricchezza di collezioni pari, se non superiore, a quelle di analoghi musei esistenti a Berlino, Londra, San Pietroburgo. Ciononostante, nel 1994, il governo disponeva il restauro di Palazzo Canevari, stanziava 9,5 miliardi di vecchie lire, svuotava l'immobile e approvava il relativo progetto.

Come se non bastasse, nel 1999, il Palazzo uscì dal demanio dello Stato ed entrò in una delle tante operazioni di finanza “creativa” dell’allora ministro dell’economia Tremonti ed i cittadini italiani persero definitivamente il loro Museo Geologico Nazionale. Le collezioni finirono imballate nei depositi della Protezione civile di Castelnuovo di Porto, Monterotondo e Lungotevere Dei Papareschi e affidate, prima, al Dipartimento Difesa del Suolo e, successivamente, al Servizio Attività Museali, nell’ambito del Dipartimento per le Attività Bibliotecarie Documentali e per l’Informazione.

L’immobile di Piazza Santa Susanna nel 2005, ottenuta la nuova destinazione a servizi e commercio, venne venduto.

In definitiva, per garantire una speculazione privata, i cittadini e la comunità scientifica sono stati privati di un patrimonio di grande rilevanza e attualità per lo studio delle caratteristiche geologiche del territorio nazionale.

Un’occasione per rimusealizzare Palazzo Canevari è stata offerta - durante i lavori di restauro, nel 2004 - da importanti ritrovamenti nel sottosuolo (8 metri delle Mura Serviane e un tempio del VI secolo avanti Cristo), che ridisegnano la mappa di Roma al tempo dei 7 re. Tanto più che, nel frattempo l’immobile è divenuto al 75% proprietà di Cassa Depositi e Prestiti, che vuole realizzarvi i propri uffici.

A chiedere, da decine di anni, di riportare la sede del Museo Geologico a largo Santa Susanna, sono autorevoli istituzioni, quali: Unesco, Accademia dei Lincei, Società Geologica Italiana, Italia Nostra (con la sua battagliera consigliera Mirella Belvisi) e molte altre istituzioni e associazioni culturali.

Ora, questo immenso patrimonio torna fruibile, ma ci chiediamo con quali spazi e con quale dignità. Rischia di essere all’interno Museo della Civiltà all’EUR, insieme Museo di Geopaleontologia Quintino Sella, una semplice appendice di quest’ultimo, senza un’adeguata valorizzazione culturale, e, soprattutto, non rispondente al suo spirito originario di polo nazionale delle scienze della terra.

Si parla tanto di visione del paese, che invece sembra proprio assente, anche con questo nuovo governo. Ne aveva di più – su questo tema – Quintino Sella.

E dire che siamo uno dei paesi più sismici e franosi al mondo!

Adriana Spera
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