Gli antichi ci riguardano di Luciano Canfora, Il Mulino, Bologna, 2014, pp. 104, euro 10.
Recensione di Roberto Tomei
Metto subito le mani avanti: gli “antichi” mi piacciono. Sia perché ho fatto l’”antiquato” liceo classico e lo rifarei senza esitazioni, sia perché ho continuato a “frequentarli”anche dopo, soprattutto Seneca, che considero utilissimo per affrontare le asperità della vita.
Al di là di questa mozione degli affetti, anch’io mi sono spesso chiesto, come tanti altri, quale fosse l’utilità degli antichi per noi, uomini del XXI secolo. E mi sono dato, di volta in volta nel corso degli anni, le risposte più diverse.
Prima di dire la sua, che appare convincente, Luciano Canfora passa in rassegna le risposte più diffuse e consolidate, sottoponendole a breve ma serrata critica, facendone così risaltare limiti e contraddizioni.
Per molto tempo, lo studio degli antichi è stato giustificato col richiamo ai valori fondanti, cemento dell’unità nazionale, nella cultura classica rinvenendosi il nesso che mantiene insieme il “corpo della nazione”. Canfora però non accetta questa tesi, rilevando che i valori trasmessi da quel mondo sono contrastanti tra loro e non esprimono, come a torto si è sostenuto, alcun “canone” unitario.
C’è poi un’altra risposta al problema di cui stiamo trattando, che viene da Antonio Gramsci: “il latino non si studia per imparare a parlare latino ma per imparare a studiare”. E’ una risposta, più raffinata e complessa, che chiarisce, anche a chi ne fosse inconsapevole, che gli antichi sono per i moderni il punto da cui partire, l’inevitabile termine di confronto. Anche tale risposta, secondo Canfora, senz’altro aiuta ma non basta.
A suo parere, l’interesse per gli antichi va ricercato nel fatto “che i loro problemi… sono i nostri”: dalla competenza come premessa per l’accesso alla politica al rapporto libertà-schiavitù, che oggi si declina come rapporto libertà-dipendenza; dalla cittadinanza alla questione della legittimità della guerra, fino a quella del diritto naturale, incomparabilmente posta dall’Antigone di Sofocle.
Il grande vantaggio di interpellare gli antichi starebbe proprio nel fatto che, di fronte a questi problemi, “essi non hanno scelto la via consolatoria”, insegnandoci a scartare le risposte facili e le facili assoluzioni. Noi, uomini d’oggi, dovremmo cercare di non essere da meno.