Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, con Rosario Caroccia, Sharon Caroccia , durata 93’, nelle sale dal 12 aprile, distribuito da La Sarraz.
Recensione di Luca Marchetti
Da qualche anno a questa parte, Napoli è diventata il centro del mondo cine-televisivo italiano, la capitale di un immaginario che, ben oltre un certo cinema indipendente sempre pronto a sfruttare situazioni difficili per fare “presunta” arte, ha visto coinvolgere grandi produzioni e far nascere storie eccellenti.
Dalle commedie partenopee (Vanzina, Salemme, Miniero) fino ai format neri di Gomorra e simili, dai nuovi autori come Edoardo De Angelis e Alessandro Rak ai maestri affermati come Sorrentino (senza contare le tante opere ospitate di autori non campani come Garrone, i Manetti Bros, Amelio), questo rinascimento napoletano è un fenomeno che sta regalando nuova vita all’industria cinematografia e televisiva, in attesa dell’exploit mondiale che sarà la trasposizione seriale del kolossal letterario L’amica geniale di Elena Ferrante.
Tra il ritorno alle origini della tradizione eduardiana e desicana e il recupero della fondamentale sperimentazione di Mario Martone e della sua “compagnia”, la rinascita immaginaria di Napoli ha il coraggio di spezzare la vetusta dicotomia Milano (Tv) – Roma (Cinema), sbaragliando le carte in un gioco, molto azzardato (il rischio di inflazionarsi è sempre dietro l’angolo) ma che fino ad ora si dimostra ancora ricco d’immagini e idee.
In questo contesto vitale, hanno buon gioco i due registi, Silvia Luzi e Luca Bellino, con il loro esordio di fiction, Il cratere, a centrare la loro storia. Apprezzati documentaristi, i due autori sono abituati ad addentrarsi all’interno della Realtà con sguardo laico ed empatico, cogliendo da ogni situazione le ombre e le luci dell’umanità più diretta e concreta. La storia (quasi) vera di Sharon Caroccia e del suo ingombrante padre Rosario, pur sfiorando tutti gli estremi del canovaccio più scontato del tipico film indie italiano, non si perde dietro drammi sociali ostentati (e spesso costruiti) per lo sguardo voyeuristico di certo pubblico borghese. Anzi, nella galassia disperata delle famiglie di giostrai e della canzone melodica, Il cratere sa, con leggerezza partecipata, guardarne gli orrori e gli splendori umani.
Da questo punto di vista, il personaggio sgradevole di Rosario si rivela la contraddizione più coerente, terribile nel suo ossessivo “usare” la figlia per seguire la sua fortuna, sincero nel suo voler lottare per riscattare sé e la sua famiglia da un destino stantio, da un mestiere inventato giorno per giorno che lo sta portando a una desolante fine.
E’ naturale che, di fronte ad un personaggio-uomo così forte, la piccola sognatrice Sharon non può che scappare e nascondersi per guadagnarsi la libertà della gioventù. Il conflitto tra una bambina che vuole cantare liberamente e il padre padrone che vive di necessità irrealizzabili, è lo scontro insanabile fra due sogni disperati, la strada che porta il piccolo film di Luzi e Bellino verso i territori della favola del dolore, in una fotografia che sembra un po’ realtà, un po’ visione.
Critico cinematografico