The Whale, di Darren Aronofsky, con Brendan Fraser, Sadie Sink, Samantha Morton, Ty Simpkins, Hong Chau, Huck Milner, Sathya Sridharan; Sceneggiatura: Samuel D. Hunter; Fotografia: Matthew Libatique; Montaggio: Andrew Weisblum; Musica: Rob Simonsen; Genere: Commedia, Drammatico; Durata 117’; USA 2022.
Recensione di Anna Sofia Caira
The Whale è un film del 2022 diretto da Darren Aronofsky. In questi giorni si sta molto parlando della pellicola, in quanto Brendan Fraser, che interpreta il protagonista, ha da poco vinto il suo primo Oscar come migliore attore protagonista. The Whale è in realtà l’adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale del 2012, scritta da Samuel D.
Hunter, autore anche della sceneggiatura del film. Fraser interpreta Charlie, un professore di inglese gravemente obeso che tiene corsi di scrittura universitari in videoconferenza, senza mai mostrare il suo corpo agli studenti. È recluso in casa, l’unico spazio mostrato nella pellicola, ed è assistito da Liz (interpretata da Hong Chau, anche lei candidata agli Oscar per il ruolo di miglior attrice non protagonista), la sua infermiera e unica amica.
Charlie ha per il resto perso qualsiasi rapporto con il mondo esterno, compreso il legame con la figlia adolescente Ellie (Sadie Sink). Quando comprende che ormai gli resta poco tempo da vivere, decide di riallacciare i rapporti con la figlia, una ragazzina ribelle che sembra non curarsi di tutto ciò che le accade intorno.
Nel frattempo, nella sua vita entra anche Thomas (Ty Simkins), un giovane missionario che riporta a galla ricordi e traumi, ovvero tutto ciò che lo ha portato ad abbandonarsi a tal punto. Aronofsky ha scelto di girare il film in 4/3 invece che nel formato 16:9, utilizzando inquadrature ancora più strette che rendono perfettamente il senso di chiusura quasi claustrofobica provata da Charlie, prigioniero del suo corpo. La pellicola è sincera e brutale, è quasi difficile osservare alcune scene senza chiudere gli occhi d’istinto.
Il titolo fa riferimento a Moby Dick, romanzo del 1851 di Herman Melville, in particolare al saggio sul romanzo che ritornerà più volte nel corso del film. Sono le parole alle quali Charlie si aggrapperà nei momenti in cui penserà di morire: “E mi hanno rattristato soprattutto i capitoli noiosi sulla balena, perché sapevo che l’autore voleva solo salvarci dalla sua triste storia”. È lui la balena bianca, cioè l’espressione di un male inesplicabile, la parte oscura di se stessi. Eppure, Charlie sa di aver generato questo corpo deforme che lui stesso definisce “disgustoso”, per amore o, meglio, per tutto l’amore che gli è stato privato, e che dunque in lui c’è una contrapposta spinta al bene e alla redenzione. La sua è un’anima divisa in due, che aspira ad innalzarsi verso l’alto ed è in questo senso esplicita la natura intimamente religiosa che ritorna più volte nel corso del film e che è presente in molte delle opere del regista.
Il tentativo di conversione di Thomas, il tema della colpa è un aspetto fondamentale del film e della vita del protagonista che, ormai arreso, non si dà una seconda possibilità. Eppure è sconfinata la fede che Charlie prova nei confronti degli esseri umani, la cattiveria degli altri non lo ha scalfito, è se stesso che non sa perdonare.
Anna Sofia Caira
Critica cinematografica