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Mercoledì, 24 Apr 2024

Mi limitavo ad amare te foto internaMi limitavo ad amare te, di Rosella Postorino - Giangiacomo Feltrinelli editore - 2023 - pp.352 – euro 19,00.

Chissà se i tanti sostenitori della necessità dell’invio di armi in Ucraina fino ad una vittoria sull’invasore russo (che appare sempre più una chimera), piuttosto che battersi affinché si avvii un tavolo di trattativa che porti alla fine del conflitto, si sono mai chiesti cosa significhi, in particolare, per un bambino vivere in un contesto di guerra.

E quelli che in Italia hanno esultato il 17 marzo scorso quando la Corte penale internazionale dell’Aja ha emesso due mandati di arresto nei confronti di Vladimir Vladimirovich Putin e della sua commissaria per i diritti dei bambini, Maria Alekseyevna Lvova-Belova, per crimini di guerra e deportazione illegale di bambini dalle aree occupate dell’Ucraina al territorio della Federazione Russa, chissà se hanno mai riflettuto sulle difficoltà di seguire le procedure internazionali di affido di minori durante un conflitto.

I “guerrafondai” nostrani dovrebbero leggere Mi limitavo ad amare te, ultimo romanzo di Rosella Postorino, che narra le vicende di alcuni bambini ospitati durante l’assedio nell’orfanotrofio di Sarajevo e, successivamente, accolti in Italia.

Un libro che ci pone davanti a tanti interrogativi: cosa accade ad un bambino che si trova a vivere all’improvviso le atrocità di una guerra fratricida? Come vive l’abbandono dei suoi genitori, specie se sa che sono vivi e in pericolo? Cosa accade nei bimbi privati degli affetti più cari? Dinanzi a tante privazioni materiali e affettive riescono sempre a solidalizzare tra loro? E quando ci si viene all’improvviso a trovare in una terra straniera, come si viene accolti? Come avviene la cosiddetta integrazione di ragazzi stranieri in Italia? Quale è la loro accoglienza nelle nostre scuole e università? Quanto pesa un diverso credo religioso nell’accoglienza in una nuova famiglia?

I nostri principali protagonisti: Omar, che ancora non ha tagliato il cordone ombelicale con la propria madre; Sen, suo fratello, che preferisce mimetizzare il suo essere straniero in Italia scegliendo un’altra famiglia; Nada, che da sempre è stata rifiutata dalla madre, e Danilo che la perderà dopo la guerra, si sosterranno e si tradiranno a fasi alterne, fin dal momento in cui si sono conosciuti. Ognuno condizionato dall’esperienza della guerra e dal successivo approdo in terra straniera, chi cercando la propria autodistruzione, chi cercando di farsi strada in un contesto ostile come quello del convento che li accoglie, della scuola, dell’università, delle famiglie adottive.

Mi limitavo ad amare te è molto più di un romanzo di formazione, è anche la storia di come la guerra penetra e resta nella mente dei bambini quando divengono adulti e degli adulti stessi, talvolta fino ad impedir loro di continuare ad accettare la vita, come è per Omar, ma anche per un’adulta come Azra, la madre di Danilo, una giornalista che non solo ha vissuto sulla sua pelle la violenza del conflitto ma ne ha documentato gli orrori: un peso che la porta al suicidio.

La nostra protagonista Nada così riflette sull’episodio: «ammazzarsi non è svalutare la vita, ma pretendere che non ci svaluti. Se il dolore è troppo intenso, l’unica libertà di cui disponi, dato che non hai chiesto di nascere, è sottrarti».

Dopo Le assaggiatrici, che racconta la vita quotidiana delle donne “reclutate” per assaggiare il cibo destinato ad Hitler, la Postorino torna a narrarci una storia vera.

Perché, effettivamente, nel 1992, dopo tre mesi di assedio, partì da Sarajevo un convoglio di 67 bambini, tra i quali 46 orfani e minori con situazioni disagiate, ospiti dell'orfanotrofio "Ljubica Ivezić" (che nel 1997 ha cambiato nome in "Dječiji dom Bjelave” ndr), che vennero accolti in Italia. Di quest’ultimo gruppo, non tutti erano orfani, molti erano stati lasciati dai genitori presso quell’istituzione pensando di metterli al sicuro, di garantir loro un minimo di sussistenza ma, nonostante questo, 16 di loro non sono stati rimpatriati ma dati in adozione senza rispettare tutte le procedure previste per le adozioni internazionali, tra le quali la ricerca dei genitori biologici, che per anni hanno cercato i loro figli, aiutati dal 2000 dall'attivista per i diritti umani Jagoda Savić di SOS telefon (Telefono Azzurro).

I nostri, come si narra nel libro, sono arrivati in autobus, affrontando innumerevoli pericoli, fino a Spalato in Croazia e poi, via mare, hanno raggiunto Ancona. All'arrivo in Italia, i bambini provenienti dell'orfanotrofio, quasi tutti mussulmani, sono stati accolti in strutture gestite da suore.

Dovevano rimanere solo per l’estate in Italia, doveva essere una vacanza che è diventata, invece, una nuova vita; sono rimasti qui degli anni a causa del protrarsi della guerra in Bosnia e anche perché le autorità italiane ritenevano che nel dopoguerra ancora non ci fossero condizioni sicure per farli tornare nel loro paese.

In seguito, 16 di essi sono stati dati in affido a famiglie italiane ed è stata avviata la procedura per l'adottabilità, nonostante che in Bosnia Erzegovina il 24 aprile del 1996 il governo avesse ratificato, su indicazione del Ministero per le politiche sociali, rifugiati e sfollati, il "Programma integrale per la tutela dei bambini profughi senza genitori dall'Italia alla BiH", che prevedeva il rientro dei minori entro il giugno successivo.

Le adozioni internazionali ruotano su un sistema di rogatorie tendenti ad accertare l’esistenza in vita dei genitori e la loro eventuale volontà a dare in adozione i propri figli. Rogatorie che in un paese che sta nascendo dopo una guerra appaiono alquanto complicate e perigliose.

Ed è per questo che, pensando agli effetti nefasti sui bambini, che la guerra andrebbe cancellata come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ma purtroppo i governi pensano più alla propria egemonia sugli altri popoli che non al benessere dei propri cittadini.

adriana spera 130x130Adriana Spera
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