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Mercoledì, 03 Lug 2024

Il Consiglio per la giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (massimo organo di giustizia amministrativa della Sicilia), con sentenza n. 417 del 21 novembre 2016, in accoglimento del ricorso avverso la sentenza del Tar di Palermo, ha stabilito che è da ritenersi illegittimo il concorso universitario per la nomina di un ricercatore se il trasferimento del padre del vincitore - professore universitario nel medesimo ateneo - da un Dipartimento all'altro è avvenuto al fine di eludere le regole sulle incompatibilità, previste dall'articolo 18 della legge Gelmini (n. 240 del 2010) per i parenti entro il quarto grado.

Il Il Tar aveva, invece, respinto il ricorso, avendo ritenuto non provato l’assunto di sostanziale appartenenza del padre-professore alla struttura che aveva bandito la procedura selettiva, della quale poi era stato dichiarato vincitore il proprio figlio.

Viceversa, come sopra detto, il Consiglio ha ritenuto fondato l’appello, stante, da un lato, che la situazione di incompatibilità ex art. 18 (la cui ratio è volta a impedire l’ingresso nell’università di soggetti legati da stretti vincoli parentali con coloro che vi lavorano) si applica anche alla procedura di reclutamento de qua, e, dall’altro, che la denunciata situazione di incompatibilità riguarda già la possibilità di “partecipazione” alle procedure selettive e il cui ricorrere, nella circostanza, si è reso palese dalla natura meramente apparente della mutata appartenenza del Dipartimento di afferenza del padre-professore del vincitore, che ha in fatto continuato a svolgere la propria attività presso la struttura originaria e, dunque, dopo la intervenuta confluenza di essa in altro Dipartimento, presso quella stessa che aveva collaborato alla procedura selettiva e, poi, chiamato il relativo vincitore.

Secondo i giudici siciliani, c’è poi un ulteriore profilo specifico al quale si espone la procedura in discorso, atteso che per essa la preclusione è stata prevenuta dagli interessati attraverso comportamenti adottati con chiaro intento elusivo del suo possibile concretizzarsi all’esito della procedura. E’ accaduto così che il padre-professore mutava di appartenenza dipartimentale, onde far venir meno appunto la prevista incompatibilità di legge alla successiva eventuale chiamata del figlio, mentre “tutta la procedura è stata colorata dalla presenza di comportamenti che non si sottraggono a dubbi di non imparzialità”, proprio “quel che la legge ha voluto fugare, introducendo una più restrittiva normativa”.

In conclusione, il trasferimento del padre-professore è intervenuto a scopo elusivo, in tempi prossimi alle deliberazioni necessarie e ha, dunque, ”determinato un esercizio successivo di poteri pubblici orientati a un risultato diverso da quello per il quale essi sono attribuiti”.

Tanto premesso, non essendosi la procedura conclusa con una “graduatoria”, di cui sia possibile operare lo scorrimento”, ma con la nomina di un unico vincitore, ne consegue, secondo i giudici siciliani, che il ricorrente, allo stato degli atti, non ha titolo per essere nominato vincitore, tale nomina essendo di esclusiva competenza della commissione di concorso, ma può solo pretendere un nuovo giudizio di merito da parte della stessa commissione, cui l’università dovrà appunto rimettere gli atti perché valuti tale possibilità di nominarlo vincitore in luogo del ricercatore figlio del professore.

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