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Mercoledì, 03 Lug 2024

Con ordinanza n. 6355 del 14 marzo 2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che la previsione di un trattamento economico più elevato per i medici specializzandi, a partire dall'anno accademico 2006/2007 in coincidenza con la riorganizzazione delle scuole di specializzazione, prevista dal Dlgs 368/1999, non costituisce recepimento di obblighi comunitari e non comporta l'estensione del nuovo trattamento a coloro che hanno frequentato le scuole negli anni accademici anteriori.

Questo l’esito finale di una controversia originata dalla richiesta, da parte di un medico che aveva frequentato tra il 1999 e il 2006 un corso di specializzazione presso l'Università degli Studi dell'Aquila, della differenza economica tra la borsa di studio percepita, pari a circa 12 mila euro annui prevista dal D.lgs. 257/1991, e il compenso fissato dall’art. 39 del D.lgs. 368/1999, con il quale il legislatore aveva ridefinito il sistema di formazione degli specializzandi e stabilito una retribuzione più elevata a partire dall'anno accademico 2006/2007.

Lo specializzando fondava la sua richiesta sulla tesi che il legislatore nazionale avrebbe recepito le direttive comunitarie che impongono il riconoscimento ai medici specializzandi di una adeguata remunerazione soltanto con il decreto del 1999, provvedimento che aveva differito la concreta operatività degli effetti economici della riforma all'anno accademico 2006/2007, dopo cioè il termine del periodo di studi dello specializzando. Pertanto, agli specializzandi che avevano negli anni accademici anteriori percepito un compenso inferiore doveva essere riconosciuto il diritto alla differenza retributiva.

I giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello di L’Aquila) condivisero tale impostazione e condannarono la Presidenza del Consiglio dei Ministri, insieme al Miur e ai Ministeri della Sanità e dell'Economia e delle Finanze, al pagamento della differenza economica.

Del tutto diversamente sono andate le cose presso la Suprema Corte, che ha ribaltato il verdetto dei giudici di merito, sottolineando l'errore di fondo da essi commesso. Secondo gli Ermellini di Piazza Cavour, il diritto degli specializzandi a ricevere una adeguata remunerazione è stato previsto dalle direttive 75/362, 75/363 e 87/76, recepite con il D.lgs. 257/1991 con l'introduzione della relativa borsa di studio.

La direttiva 93/16, invece, si è limitata a recepire e riprodurre senza alcuna modifica il contenuto delle precedenti direttive, costituendo «un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti», che non ha carattere innovativo in ordine alla misura dei compensi da riconoscere agli specializzandi.

Il fatto che con il D.lgs. 368/1999 il legislatore abbia aumentato l'importo, articolandolo in una quota fissa e una quota variabile, non è legato a particolari obblighi comunitari, ma deriva da una libera e discrezionale scelta legislativa - tutt'ora pervicacemente non estesa agli specilizzandi non medici - legata anche alla riorganizzazione degli stessi corsi di specializzazione, che non comporta assolutamente l'estensione del nuovo trattamento a coloro che hanno frequentato le scuole negli anni accademici anteriori all'anno 2006/2007.

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