Dopo la pubblicazione in data odierna della sentenza n. 19/2025 da parte della Corte Costituzionale, il Governo in carica può tirare un sospiro di sollievo, non altrettanto potranno fare milioni di pensionati che negli ultimi due anni, per effetto di altrettante leggi di bilancio, si sono visti dimezzare l’importo della rivalutazione dell’assegno mensile legato al recupero dell’inflazione, un taglio che non verrà mai più recuperato.
I giudici della Consulta, infatti, hanno dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 309, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, sollevate con apposite ordinanze dalla Corte dei conti, sezioni giurisdizionali per le Regioni Campania e Toscana, alle quali si erano rivolti con ricorso alcuni pensionati, che dovranno accontentarsi di una sorta di richiamo che gli stessi Giudici rivolgono al potere politico laddove scrivono (12.4. – CONSIDERATO IN DIRITTO) che “Questa Corte, pur nella consapevolezza che ogni bilanciamento tra interessi finanziariamente condizionati risente inevitabilmente del mutamento della congiuntura economica, non può tuttavia esimersi ... dal sottolineare i vantaggi che deriverebbero da una «disciplina più stabile e rigorosa» del meccanismo di perequazione delle pensioni. Del resto, l'art. 1, comma 478, della legge n. 160 del 2019 ha già dettato una regola che, in ossequio alla durata indeterminata espressamente conferitale, dovrebbe essere interessata con estrema prudenza da cambiamenti improvvisi, incidenti in senso negativo sui comportamenti di spesa delle famiglie”.
Grazie al «raffreddamento» della rivalutazione delle pensioni, il governo per il triennio 2023-2025 realizzerà una minore spesa che «al netto degli effetti fiscali» è «pari a circa 2,1 miliardi nel 2023, 4,1 miliardi nel 2024 e 4 miliardi nel 2025».
Un risparmio che, lungi dall’essere destinato a rimpinguare i miseri importi degli assegni sociali o ad alleggerire gli stratosferici costi energetici per le famiglie meno abbienti, ha buone probabilità di essere utilizzato per corroborare la folle corsa agli armamenti, e per far fronte all’ennesimo condono fiscale a favore degli evasori.
E dire che questo trattamento penalizzante viene riservato a una delle poche categorie che nel nostro paese puntualmente paga le tasse e sopperisce a un welfare sempre più carente.
Adriana Spera