Con sentenza n. 12272, pubblicata il 9 maggio 2025, la Corte di Cassazione – sezione Lavoro – ha accolto il ricorso proposto da un lavoratore dipendente avverso la decisione della Corte di appello di Bologna che, contrariamente a quanto stabilito dal Tribunale di primo grado, aveva ritenuto legittimo il licenziamento del medesimo dipendente per aver superato il periodo di comporto, nonostante il datore di lavoro avesse inserito nel calcolo dei giorni di assenza per malattia anche quelli passati in isolamento per aver contratto il Covid-19.
La Corte territoriale, infatti, dopo aver accertato che il lavoratore aveva comunicato al datore di lavoro di essere malato, ma non "la patologia Covid contratta", ha ritenuto che tale omissione non fosse “improntata al canone della buona fede" e, pertanto, giustificava il provvedimento espulsivo.
Di diverso avviso i Giudici della Suprema Corte che hanno ritenuto fondate le argomentazioni del ricorrente, “nel senso che il divieto di computo delle assenze stabilito dall'art. 26, comma 1, D.L. n. 18/2020, conv. in L. n. 27/2020, operi oggettivamente, a prescindere dalla conoscenza che il datore di lavoro abbia della causale dell'assenza”.
In conclusione, cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.
Rocco Tritto
giornalista pubblicista