Da un lavoro a carattere interdisciplinare di un gruppo internazionale di ricercatori universitari, tra i quali i docenti Anna Maria Mercuri di Unimore, Silvia Bruni dell’Università di Milano e Savino di Lernia, della Sapienza (che ha coordinato lo studio), emerge per la prima volta che tra le popolazioni preistoriche del Sahara fosse comune non solo nutrirsi di piante, ma anche curarne la preparazione attraverso la cottura in manufatti ceramici.
E’ questo il risultato della scoperta - pubblicata di recente sulle pagine online della rivista scientifica Nature Plants e intitolata “Earliest direct evidence of plant processing in prehistoric Saharan pottery” - che mette in luce per la prima volta abitudini alimentari e una abilità nella lavorazione delle piante finora sconosciuta in popolazioni così antiche.
Nell’articolo, a firma dei tre docenti italiani e di Julie Dunne e Richard P. Evershed, dell’Università di Bristol, si dà dimostrazione che oltre 10.000 anni fa, ben prima dell'introduzione di pratiche agricole in area sahariana, popolazioni esperte si nutrivano di cereali e piante acquatiche, dopo averli lungamente cotti, aspetto che la dice lunga sul livello evolutivo e sulla varietà alimentare di queste popolazioni che vivevano però in un Sahara ben diverso dall’attuale: il territorio era infatti caratterizzato da una ricca vegetazione che forniva loro una ampia varietà di risorse energetiche di origine vegetale.
“Si ritiene – ha spiegato la professoressa Anna Maria Mercuri - che la ceramica sia stata inventata almeno due volte nel corso della nostra storia culturale: prima in Asia orientale, circa 16.000 anni fa e più recentemente in nord Africa, circa 12.000 anni fa. Sebbene ci fosse già prova che questi vasi fossero usati per lavorare prodotti animali quali il latte, fino ad oggi il loro ruolo nella preparazione di piante era rimasto assolutamente sconosciuto”.