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Venerdì, 20 Set 2024

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa incurabile, di cui ancora non si conoscono le cause reali, che colpisce prevalentemente i soggetti in età avanzata.

Una ricerca, pubblicata su Nature Communications, alimenta nuove speranze nella diagnosi precoce della patologia.

Lo studio è il risultato di una collaborazione tra Marcello D’Amelio, direttore del laboratorio di Neuroscienze molecolari della Fondazione Santa Lucia e i ricercatori della Sapienza, Laura Petrosini, psicofisiologa comportamentale, e Stefano Puglisi-Allegra, studioso dei sistemi dopaminergici cerebrali.

La novità di questa indagine consiste nell’aver individuato, come sede del processo responsabile dei primissimi sintomi della patologia, un’area del cervello diversa da quella su cui si era focalizzata finora l’attenzione dei ricercatori.

Si tratta del mesencefalo, precisamente l’Area Tegmentale Ventrale (VTA), dove hanno sede i neuroni che contengono il neuromediatore Dopamina, che proiettano a diverse regioni cerebrali quali l’ippocampo, la corteccia prefrontale e le aree striatali ventrali e limbiche.

É proprio la morte dei neuroni all’interno del VTA a determinare la drastica riduzione di Dopamina, che causa i caratteristici segni clinici iniziali della malattia, quali il disturbo dell’umore e, successivamente, la perdita della memoria.

“Il risultato più importante di questo studio - dichiara Stefano Puglisi Allegra - sta proprio nell’aver spostato l’attenzione sul VTA e aver riconosciuto lo stesso sintomo del disturbo dell’umore come caratterizzante le prime manifestazioni della Malattia di Alzheimer non meno della perdita di memoria. Le ricerche condotte finora si erano invece concentrate principalmente sulla corteccia temporale e l’ippocampo. I risultati raggiunti – prosegue Puglisi Allegra – confermano l’importanza degli investimenti in ricerca di base per l’identificazione dei meccanismi e quindi delle cause della malattia”.

La ricerca aggiunge importanti tasselli nello studio della malattia di Alzheimer. In primo luogo, i nuovi dati scientifici consentono di anticipare la diagnosi della patologia attraverso un’indagine neuroradiologica e funzionale mirata alle aree del cervello coinvolte. Sul piano terapeutico, i risultati sono i presupposti di ulteriori ricerche in campo farmacologico, al fine di individuare le strategie più adeguate finalizzate al recupero funzionale del paziente. Infine lo studio delle cause della degenerazione del VTA può aiutare a individuare eventuali fattori di rischio che accelerano la morte delle cellule cerebrali.

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