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Sabato, 18 Mag 2024

Un recente studio, condotto dai ricercatori dello Sbarro Institute di Philadelphia, Temple University e dell’Università di Siena, ha identificato gli effetti delle fluttuazioni di ormoni sessuali sulla fisiologia delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico (EPR) derivate dall’uomo, le quali sono influenzate dall’infiammazione causata dalla degenerazione maculare senile (DMS).

Secondo gli autori, i risultati di questa ricerca hanno ampia rilevanza clinica considerando che le fluttuazioni ormonali inducono alterazioni a carico dei tessuti retinici. Tali alterazioni sono poi capaci di condizionare alcuni fenomeni patologici, che si possono verificare durante l’invecchiamento nei sistemi non riproduttivi come l’apparato visivo.

“Lo scopo principale della nostra indagine è stato quello di comprendere se il sesso maschile può essere considerato come un fattore di rischio nello sviluppo di patologie della retina, come la degenerazione maculare senile”, spiega Antonio Giordano, professore di Anatomia ed istologia patologica all’Università di Siena e direttore dello Sbarro Institute della Temple University, responsabile dello studio. “Gli estrogeni – aggiunge - sono stati a lungo considerati esclusivamente nella fisiologia femminile, sebbene negli ultimi 20 anni diversi studi hanno provato che tali ormoni svolgono diverse funzioni anche in individui di genere maschile”.

Nonostante il grande interesse nella ricerca clinica, la patogenesi della DMS non è stata ancora ben compresa, sebbene sia stata riscontrata una correlazione, seppur controversa, tra tale patologia e le differenze di genere: nello specifico, gli effetti indotti dall’estradiolo, un ormone riproduttivo usato nel trattamento dei sintomi della menopausa e dal progesterone, comunemente adoperato per contrastare le alterazioni dell’omeostasi uterina in post-menopausa, sulle cellule dell’epitelio pigmentato retinico.

“Per mimare gli effetti delle variazioni di estradiolo e progesterone, che si manifestano durante l’invecchiamento, le cellule dell’epitelio pigmentato retinico (ARPE-19) sono state esposte a concentrazioni fisiologiche di tali ormoni in maniera acuta, prolungata e cronica”, dichiara Carlo Astarita, coautore dello studio e dottorando presso l’Università di Siena.

Astarita spiega che esposizioni corniche di estradiolo inducono la morte delle ARPE-19 attraverso la necrosi cellulare, e che tale processo è concomitante alla riorganizzazione subcellulare della proteina pRb2/p130 e dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-2).

Lo studio, al contrario, riporta che l’esposizione cronica con progesterone causa cambiamenti nella localizzazione delle proteine sopracitate con conseguente coimmunolocalizzazione, accumulo di cellule nella fase G2/M del ciclo cellulare ed un successivo aumento dell’apoptosi a discapito della necrosi.

“Ad oggi i meccanismi alla base dell’azione degli ormoni sessuali nel mantenimento dell’omeostasi dell’occhio sono largamente sconosciuti e a tal proposito il nostro lavoro offre un’opportunità unica, non solo nell’identificazione di difformità dettate dalla differenza di genere, ma soprattutto nello spiegare come gli ormoni sessuali abbiano effetti rilevanti anche in sistemi non riproduttivi come quello dell’occhio” spiega la dottoressa Mina Massaro-Giordano, coautrice del lavoro e professoressa di Oftalmologia presso l’ospedale dell’University of Pennsylvania, che aggiunge “I meccanismi biologici alla base delle differenze di genere dovrebbero essere presi in considerazione dagli specialisti coinvolti nel trattamento di patologie quali la degenerazione maculare senile”.

La ricerca ha diretto coinvolgimento anche per la comunità transgender: “La somministrazione di concentrazioni fisiologicamente significative di ormoni per lunghi periodi - conclude la dottoressa Giordano - è una pratica clinica comune per pazienti transgender durante il cambiamento di genere”.

Lo studio – dal titolo “Effect of sex steroid hormone fluctuations in the pathophysiology of male- retinal pigment epithelial cells”-  sarà pubblicato sul Journal of Cellular Physiology. 

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