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Venerdì, 26 Apr 2024

Con sentenza 20 febbraio 2018, n. 1083, la VI Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello per la riforma della sentenza del Tar Lazio, Sez. III n.8708/2016, che aveva respinto il ricorso – avverso il mancato conseguimento dell’Abilitazione scientifica nazionale (Asn) 2016-2018 – di un candidato alle funzioni di professore universitario di II fascia per il settore concorsuale 06/A4 (Anatomia patologica).

In via preliminare, il Consiglio di Stato rileva che l’attuale disciplina che regola la materia ha chiaramente perseguito l’obiettivo di ridurre la discrezionalità delle commissioni mediante l’attribuzione di una funzione selettiva rilevante a criteri di tipo quantitativo.

Ciò comporta che le commissioni possono non attribuire l’abilitazione ai candidati che superino le c.d. ‘mediane’ per il settore di appartenenza, ma sulla base di un motivato giudizio di merito negativo dei commissari, ovvero possono attribuire l’abilitazione a candidati che, pur non avendo superato le ‘mediane’ prescritte, siano stati valutati dalla commissione con un giudizio di merito estremamente positivo.

Secondo il consolidato orientamento della Sezione, a fronte del superamento di tre ‘mediane’, la commissione deve indicare in maniera analitica e rigorosa i motivi per i quali l’interessato non può conseguire l’abilitazione a professore. In particolare, si è precisato che la commissione deve motivare analiticamente (in modo rafforzato, proprio per il constatato superamento delle tre ‘mediane’) la valutazione del candidato, che già di per sé deve essere stata condotta in modo analitico (v., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2017, n. 4596; id., 19 gennaio 2017, n. 226; id., 26 maggio 2015, n. 2665).

Orbene, nella fattispecie in esame, secondo i giudici di Palazzo Spada, la commissione ha violato la normativa sopra riportata, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza amministrativa, in quanto il giudizio finale si rivela intrinsecamente contraddittorio, poiché, per un verso, il candidato, secondo il giudizio della stessa commissione, ha ampiamente superato tutte e tre le ‘mediane’ ministeriali Anvur – che rappresentano il requisito quantitativo il cui soddisfacimento è necessario e che, in caso di ampia osservanza, deve essere tenuto in particolare considerazione – e, al contempo, ha superato ben tre dei criteri qualitativi stabiliti per la valutazione delle pubblicazioni e, precisamente, due criteri relativi all’impact factor nonché il criterio della continuità della produzione scientifica negli ultimi cinque anni. Per altro verso, la commissione ha ritenuto il mancato superamento del solo criterio qualitativo del contributo individuale nella produzione scientifica (del resto, con motivazione incongrua e tendenzialmente apodittica) elemento sufficiente per pervenire a un giudizio finale negativo.

Risulta, pertanto, imperscrutabile – scrivono i giudici del Consiglio di Stato – l’iter logico che ha condotto l’organo tecnico a formulare il giudizio di non idoneità del seguente tenore: «La commissione, a maggioranza di 4 a 1, ritiene che i titoli posseduti dal candidato non siano ancora sufficienti per una valutazione positiva, in particolare facendo riferimento al ruolo non sufficientemente rilevante rivestito dal candidato nella sua produzione scientifica dell’ultimo decennio e alla criticità sulla posizione nelle pubblicazioni allegate per la valutazione della commissione, fatti questi che annullano il valore positivo sia del superamento delle mediane ministeriali sia del soddisfacimento dei criteri della commissione» .

Appare, infatti, palese, la sopra rilevata contraddittorietà intrinseca tra il riconosciuto superamento delle tre ‘mediane’ ministeriali e della maggioranza dei criteri qualitativi fissati dalla commissione e la conclusione (in manifesta contraddizione con le premesse) del non superamento della prova di idoneità per il mancato raggiungimento di uno solo dei criteri fissati dalla stessa commissione (peraltro assunto in modo laconico e non sorretto da adeguata motivazione).

In conclusione, secondo il Consiglio di Stato, la rilevata contraddittorietà e inadeguatezza della motivazione posta a base del giudizio di non idoneità comporta l’illegittimità degli atti impugnati, sicché questi devono essere annullati, con il conseguente obbligo dell’Amministrazione di rinnovare il giudizio valutativo tramite una nuova commissione, che tenga conto delle statuizioni contenute nella sentenza.

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