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Martedì, 19 Mar 2024

L’Ordine dei dottori agronomi e Forestali, rappresentato dal presidente provinciale Matteo Colarossi, chiede la dequalificazione della Pineta Dannunziana dallo status di Riserva e la Gestione Attiva dell’Area, che include “pulizia” della pregevole biodiversità naturale e tagli di alberi.

L’Amministrazione comunale di Pescara, presa da comprensibile ansia del fare qualcosa, programma abbattimenti di alberi nelle zone percorse dal fuoco, a seguito di una semplice ispezione visiva (VTA) condotta da uno degli iscritti all’Ordine di Colarossi; Sindaco, PD e altri privati hanno lanciato una raccolta fondi per acquistare alberi da piantare in sostituzione di quelli abbattuti.

Ragioniamo sulla base delle conoscenze scientifiche consolidate e delle esperienze vissute in altri posti in situazioni analoghe, che ho potuto approfondire sia per preparazione professionale personale che come Presidente di GUFI - Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, Associazione a forte radicamento scientifico.

La flora mediterranea, evolutasi in un clima caratterizzato tipicamente da lunghe estati aride e calde, ha una straordinaria capacità di ripresa se percorsa dal fuoco. Per la Pineta Dannunziana occorrerà attendere il periodo successivo alle piogge autunnali per fare prime valutazioni attendibili e L’ENTITA’ DELLA RIPRESA SI POTRA’ VEDERE COMPIUTAMENTE SOLO A PRIMAVERA. Valutazioni approfondite e precise in questo momento non sono possibili, sono premature.

Il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis), elemento costitutivo dominante della Pineta di Pescara, ha una notevole capacità di resistere al passaggio delle fiamme, grazie alla sua scorza che è una buona corazza isolante. Si tratta di pini adulti, la cui notevole altezza li ha difesi in qualche misura dal fuoco perché avevano le chiome più lontano dalle fiamme; certo che tizzoni sollevati dai turbini di calore e trasportati dal vento forte hanno colpito anche parecchie chiome, ma il risultato sarebbe stato peggiore se il fuoco avesse interessato esemplari giovani, bassi, con la chioma più vicina al suolo.

In particolare, ho potuto constatare che ad incendiarsi in alto erano per prima i monconi di legno secco residui dalla potatura-spalcatura di rami condotti in passato. Questo deve far riflettere quando si dice di tagliare gli alberi adulti “tanto ne ripianteremo altri giovani” e sul modo corretto di effettuare eventuali potature, ove necessario. E’ quindi possibile che molti esemplari adulti evoluti che oggi appaiono in estrema sofferenza e difficilmente recuperabili, possano invece riprendersi e tornare a vegetare, anche splendidamente nel tempo: anche qui occorre attendere per vedere come evolverà la situazione ed evitare un intervento immediato in cui le motoseghe potrebbero produrre danni aggiuntivi rispetto a quelli prodotti dal fuoco.

Sempre il Pino d’Aleppo, inoltre, ha evolutivamente acquisito strategie di sopravvivenza agli incendi molto speciali. I suoi strobili (pigne) sono normalmente chiusi, cementati da resina, ma col calore si aprono ed emettono diffusamente nell’ambiente circostante tantissimi semi. E’ quindi assai probabile che a primavera vedremo spuntare e crescere numerosissime nuove piantine, autoctone, che saranno il “giacimento vivaistico” da cui poter attingere correttamente per il restauro ecologico-forestale della Pineta. Va in ogni caso evitato di piantare alberi acquistati nel circuito commerciale, con provenienza da terre e Paesi lontani, evolutesi in climi diversi, che alla fine potrebbero rivelarsi fragili, non adatti alla nostra specificità, soggetti a malattie e a produrre alla lunga anche indebolimento genetico del bosco.

D’altro canto, la legge 353 del 2000 (Legge Quadro sugli Incendi Boschivi), all’art. 10 vieta per i soprassuoli boschivi percorsi da fuoco, le attività di rimboschimento per 5 anni, “salvo specifica autorizzazione della Regione (nel nostro caso) per documentate situazioni di dissesto idrogeologico o nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici.”

Qual è la ratio di vietare per 5 anni interventi di forestazione? La prima è attendere per consentire ogni possibile ripresa naturale; la seconda è che SUL DISASTRO NESSUNO DEVE POTERCI TRARRE UN UTILE, per scoraggiare il ripetersi di attività incendiarie; la terza è fare affidamento sulla flora locale e non introdurre genotipi alieni, non idonei.

CONCLUSIONI: l’Amministrazione comunale farebbe bene ad esercitare l’arte dell’attesa, del “wait and see” (aspetta e osserva) prima di programmare interventi.

1) Nell’immediato, realizzare una rete anti-incendio adeguata alla situazione e mettere in atto quanto previsto dal Piano Comunale di Protezione Civile.

2) Farebbe cosa saggia nell’ACCETTARE L’OFFERTA DI CONSULENZA G R A T U I T A ( PER TUTTO E A TUTTI GLI EFFETTI) PER PIANIFICARE IL RESTAURO ECOLOGICO-AMBIENTALE DELLA RISERVA, avanzata anche formalmente con lettera, da parte della SIRF (Società Italiana per il Restauro Forestale) e di G.U.F.I., che includono numerose competenze di altissimo livello e multidisciplinari, di rilievo nazionale ed internazionale. Tra coloro che hanno avanzato la richiesta ci sono il prof. Franco Tassi del Cenro Parchi Internazionale e il prof. Francesco Spada, chiamati dall'Amministra comunale nel 1975 a condurre una valutazione sulla Pineta dall'allora assessore Tino Di Sipio nella giunta a guida Casalini). Sono stati già da me contattati e hanno dato piena disponibilità. Ovviamente all’interno di un team con competenze anche cittadine (ce ne sono di notevoli e per tutti cito solo i due prof. di botanica Tammaro e Pirone) e regionali.

3) Operare perché neppure un chilogrammo di legna semicombusta vada a finire nel circuito che alimenta le centrali elettriche a biomasse! L’inchiesta denominata “silvomafie” ha raccolto elementi gravissimi su diversi incendi devastanti del 2017, appiccati dolosamente per lucrare poi sul legname residuo che ha ancora un elevato potere calorifico, da parte delle ditte chiamate ad effettuare “la pulizia”. La combustione del legno ad uso energetico è infatti incentivata dallo Stato: ogni € di elettricità prodotta ne riceve ben 3,9 dagli incentivi.

4) Mettere in sicurezza temporanea le aree percorse dal fuoco con transenne e divieti; attendere qualche mese per valutare le capacità spontanee naturali di ripresa dell’ecosistema.

5) Procedere poi ad integrare il lavoro spontaneo della natura, con un progetto di restauro ecologico-naturalistico redatto dal team multidisciplinare e che coinvolga, con opportuna informazione discussione, TUTTA la cittadinanza interessata.

6) I fondi raccolti con le collette lanciate, vengano impiegati per l’acquisto del grande comparto della Riserva ancora privato e interdetto al pubblico: l’ex galoppatoio ( il Comune è in pre-dissesto e non potrebbe, neppure volendolo, procedere all'acquisto).

7) Avviare l’aggiornamento del Piano di Assetto Naturalistico alle mutate condizioni.

Giovanni Damiani
Già Direttore di Anpa e Direttore tecnico di Arta Abruzzo
Consigliere nazionale di Italia Nostra
facebook.com/giovanni.damiani.980

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