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Venerdì, 29 Mar 2024

di Enzo Boschi*

Il "sottile ricatto del precariato" è l'efficace espressione usata da Elisabetta D'Anastasio per spiegare a Chiara Carbone de Il Fatto Quotidiano come è maturata la sua decisione di andare a lavorare in Nuova Zelanda, dove ha una posizione di ricercatrice a tempo indeterminato.

In precedenza, Elisabetta aveva lavorato con ottimi risultati per una dozzina d'anni con contratti a tempo determinato all'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Non ritengo che qualcuno abbia realmente "ricattato" Elisabetta. Quello che sicuramente ha voluto esprimere è lo stato d'animo che da precario mai ti abbandona, sopratutto lavorando insieme a colleghi "stabili" e ipergarantiti dal sistema. Colleghi che magari non stimi neanche tanto o che, seppur di valore, temi che in qualche modo possano danneggiarti al momento del rinnovo del tuo contratto.

Benché tu sappia che nessuno ti vuol mandar via, quando si avvicina il momento del rinnovo diminuiscono le tue sicurezze. Hai una preparazione molto specializzata e ti chiedi dove potresti andare a sviluppare ulteriormente quello che hai imparato con impegno e sacrificio. E l'unica prospettiva che ti si presenta è quella di emigrare in Paesi, anche lontanissimi, che stanno scoprendo l'importanza della cultura geofisica.

I ricercatori dell'Ingv godono meritatamente di un'ottima reputazione internazionale e sono normalmente ben accetti.
Anch'io come quasi tutti, dopo la laurea, sono stato precario e conosco lo stato d'animo che nasce dal non dipendere da una struttura che segue regole ben codificate ma dall'essere in balìa del volere di una singola persona . Ai miei tempi, però, si restava precari per due o tre anni e poi in qualche modo il sistema ti assorbiva. Dodici anni sono decisamente troppi. La tua stessa creatività e la tua autostima ne risultano indebolite.
Come tutto questo sia potuto succedere, in questi ultimi vent'anni, in tutti gli enti di ricerca italiani e come uscirne sono motivi di discussione continua. L'attuale Ministro, Maria Chiara Carrozza, si sta impegnando a correggere una situazione divenuta insostenibile. Ma i precari della Ricerca vengono accomunati al gran numero di precari della Pubblica Amministrazione, della Scuola e dell'Università e questo rende tutto più difficile.
L'Ingv nacque alla fine del secolo scorso come somma dell'Ing, dell'Osservatorio Vesuviano e di tre Istituti del Cnr.

Ottimi ricercatori vennero messi in grado di collaborare e fu subito evidente un miglioramento nella qualità e nella quantità dei risultati. Culturalmente l'operazione fu un successo confermato dai recenti giudizi dell'Anvur, l'agenzia di valutazione scientifica del Miur.

L'Ingv e' al primo posto fra tutti gli Enti di Ricerca per il periodo 2004-2010! Senza dimenticare i giudizi molto lusinghieri e non meno importanti venuti dalla Corte dei Conti.

Tuttavia i cinque piccoli enti, nel costituire il "grande ente", portarono in dote microscopiche piante organiche e un numero consistente di contrattisti, di assegnisti e di borsisti. Si aggiunsero anche quelli del Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti e del Gruppo Nazionale Vulcanologia. Non fu possibile per il Governo rispettare l'impegno preso di un notevole potenziamento della pianta organica all'atto della fondazione del nuovo Istituto. Anzi furono poi addirittura imposti tagli. Conseguenza della riduzione della spesa pubblica resasi necessaria per la crisi economica che nasce, tanto per intendersi, con l'attacco alle Torri Gemelle. Contemporaneamente aumentò, da parte della Protezione Civile, la richiesta di un supporto scientifico operativo per tutti i giorni dell'anno, 24 ore al giorno. Fu necessario aumentare il numero di addetti per conseguire l'eccellenza su due fronti: quello della ricerca e quello del servizio alla Società. Il numero dei precari restò elevato.

All’epoca del secondo governo Prodi, sembrò per un breve momento che tutto si sistemasse con una legge che intendeva stabilizzare tutti. Fu un momento di grande euforia ma le cose non cambiarono. Ci si impegnò anche per "entrare" nella legge varata per il terremoto di L'Aquila, nel 2009. Con quella legge qualche centinaio di dipendenti della Protezione Civile venne stabilizzato ma non ci fu alcun riconoscimento per l'Ingv. Si tentarono allora altre strade riscuotendo simpatia e riconoscimenti di varia natura, ma niente di concreto.
Dopo tante frustrazioni si riuscì a inserire la questione nel cosiddetto decreto Milleproroghe del 2011, evidenziando la particolarità dei precari Ingv impegnati su questioni concernenti la sicurezza nazionale. Era previsto che l'operazione potesse essere ripetuta per un triennio e anche oltre. Lo scopo era duplice: garantire il finanziamento degli stipendi dei precari e disporre di una norma che, al momento opportuno, potesse esser fatta transitare in un qualche Decreto Legge.

Un procedimento un po' contorto ma che, con la dovuta attenzione, poteva funzionare. L'unica difficoltà risiedeva nel doversi impegnare ogni anno a ricordare nelle sedi opportune il mantenimento della norma Ingv. Purtroppo alla fine del 2011, in maniera molto superficiale, l’impegno venne meno.

Il piano fu abbandonato e il lavoro di convincimento di mesi e mesi vanificato. Fu grottesca la scusa usata per giustificare questa imperdonabile manchevolezza: al Ministero erano contrari all'operazione! Ci si e' addirittura dimenticati che le leggi le fa il Parlamento. E' ovvio che il Ministero non può che subire un'eventuale decisione a favore di un singolo ente fra i tanti che deve gestire.

Ed è per questo che il Milleproroghe salvava "capre e cavoli".

La persistenza della norma avrebbe potuto recentemente facilitare il Ministro a inserirla nel Decreto Legge per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, di cui si parla in questi giorni.

Nello stesso periodo in cui si verificò questa vicenda, per la prima volta nella storia dell'Istituto una dozzina di precari, i più deboli nella "graduatoria" del precariato, vennero mandati via.

Forse "il sottile ricatto del precariato" in certi momenti si appalesa non tanto "sottile”.

*Geofisico

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