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Venerdì, 26 Apr 2024

di Enzo Boschi*

L'indice H è un indicatore proposto nel 2005 da Jorge E. Hirsch della California University di San Diego per "misurare" la produttività, l'impatto e la continuità del lavoro dei ricercatori.

Ebbe subito un grande successo e si diffuse molto rapidamente.

Credo che siano pochi coloro che non se lo sono calcolato, anche se molti non lo ammettono forse perché lo hanno trovato basso in maniera imbarazzante.

In pratica H pari ad un valore n significa che il ricercatore è autore di n pubblicazioni che sono state citate n o più volte in altre pubblicazioni.

In linea di principio, più è elevato l'indice H più il ricercatore è da considerare bravo e attivo.

Fui introdotto ai segreti dell'indice H da Franco Miglietta, dirigente di ricerca all'Ibimet-Cnr di Firenze. Ne discutemmo a lungo e vi trovammo più difetti che pregi.

Vi sono vari modi di calcolarlo: il più rigoroso è quello dell'ISI Web of Science, che considera solo pubblicazioni e citazioni che appaiono su riviste con Referees obbligatori.

Non ha senso per valutare ricercatori nei primi anni della loro carriera.

In generale, non può fornire classifiche assolutamente oggettive e pertanto non può essere usato in maniera asettica nei concorsi nelle Università e negli Enti di Ricerca.

Non si può utilizzare per comparare ricercatori di aree disciplinari diverse.

Un biologo, per esempio, appartiene ad una comunità 20-30 volte più numerosa di quella dei geofisici e quindi produce 20-30 volte più pubblicazioni di quest'ultima, con tutto quel che ne consegue.

Anche all'interno della stessa disciplina, vi possono essere argomenti più "di moda", molto seguiti, o attività più "faticose" ma necessarie, che non tutti vogliono fare e che implicano poche pubblicazioni e quindi poche citazioni.

L'indice H ha comunque alcuni pregi importanti. È utilissimo per valutare l'impatto delle ricerche di un ente o di un grosso gruppo di ricercatori. È impossibile che un ente o un gruppo con un elevato indice H complessivo non sia all'avanguardia e competitivo nel suo settore.

È altresì vero che un H elevato per un singolo ricercatore significa che indubbiamente, in un modo o nell'altro, egli è molto attivo nel suo campo e che quindi possa essere preso in considerazione per eventuali promozioni, approfondendone il valore con i metodi tradizionali: sopratutto andando a leggere le sue pubblicazioni, ammesso che si sia in grado di farlo.

Un'altra certezza che raggiungemmo è che un basso H sta a indicare attività di ricerca scarsa sia qualitativamente che quantitativamente.

Affermazione grave, quest'ultima, che va presa con le molle: Einstein, se non vado errato, pubblicò solo 6 lavori e quindi avrebbe un H pari a 6: non avrebbe mai vinto un Concorso a cattedra soltanto con l'H. Questa potenziale assurdità si risolve però facilmente considerando anche il numero complessivo delle citazioni, che nel caso di Einstein si dovrebbero calcolare a milioni!

Quindi è ragionevole e prudente, prima di formulare un giudizio negativo, nel caso di un H basso, andare a verificare altri parametri.

Resta indiscutibile e indiscusso che un numero di citazioni molto basso, accompagnato da un basso H, dovrebbe escludere il titolare da ogni promozione in campo scientifico perché è del tutto evidente che non ha le capacità o la determinazione necessarie.

Tutto ciò premesso, il metodo di valutazione dell'idoneità a cattedre universitarie utilizzato in questa tornata non è poi tanto male. Si valutano i valori medi fra tutti i partecipanti, si normalizzano per non sfavorire i più giovani e si trova un confine fra coloro che possono aspirare all'idoneità e altri che non hanno i requisiti necessari neanche per essere presi in considerazione. Garantendo, così, una notevole semplificazione delle procedure e un minimo di oggettività.

Trovo ingiusto che si usino i risultati discutibili di alcune Commissioni per prendersela con il Ministero e con i funzionari che, a mio avviso, hanno fatto un buon lavoro.

Il fatto che le regole consentano ingiustizie non autorizza nessuno a perpetrarle.

Sarebbe bastato che i Commissari avessero affrontato il problema con animo scevro da preconcetti, o peggio, per evitare tante proteste e tanti malumori.

È poi naturale che si manifesti un forte malcontento se candidati con ottimi valori bibliometrici molto ben evidenziati, si vedano superati da altri con valori miseri senza spiegazioni minimamente accettabili. È questo che rende la vicenda particolarmente grottesca.

Gli indicatori bibliometrici che avrebbero dovuto essere presi in considerazione erano, oltre all'indice H, il numero delle pubblicazioni e delle citazioni.

Se tutti e tre gli indici risultavano sotto il valore medio è ovvio che il candidato andava escluso.

Se solo uno degli indici era superiore alla media, i Commissari dovevano avere lo scrupolo di verificare di non trovarsi in una situazione tipo Einstein, tanto per intenderci: pochi lavori ma moltissime citazioni. Se questo caso particolare e poco probabile non si verificava, il candidato andava escluso.

Resterebbe allora da controllare con grande serietà e con animo aperto se coloro che hanno tutti e tre gli indicatori positivi siano realmente all'altezza dell'insegnamento universitario.

Nel caso di esclusione di un candidato con tutti gli indici positivi, va data una spiegazione puntuale senza utilizzare frasi evidentemente preconfezionate. E, sopratutto, evitando di usare termini come "immaturo" o "settoriale", senza prima averne definito operativamente il significato nel contesto del concorso.

In ogni caso, alla fine si è avuta la netta impressione che è molto meglio affidarsi alla rozzezza dei dati bibliometrici piuttosto che a incomprensibili e tutt'ora inspiegabili discrezionalità delle Commissioni.

E' bene ricordare che passeranno tre o quattro anni, nella migliore delle ipotesi, prima che si ripresenti l'occasione di un nuovo concorso. Decisamente troppo per generazioni di scienziati cresciuti con blocchi concorsuali infiniti e da sempre in attesa di opportunità. Inoltre, salta agli occhi un aspetto importante: l'assurdità della distinzione fra idoneità di prima e seconda fascia.

Non si può essere scientificamente maturi ad un livello e degli immaturi a un livello superiore. A meno che non si dia per scontato che un professore di seconda fascia possa insegnare o far ricerca in maniera meno rigorosa rispetto a un professore di prima fascia: quindi, lezioni confuse, tesi di basso valore, lavori abborracciati ... Sfido chiunque a dare una definizione razionale di maturità scientifica che possa portare ad una distinzione così sottile.

Chi fa ricerca seriamente, sa che le cose non possono funzionare così e infatti non funzionano così.

Inoltre, ripeto ancora , oltre a non essere disponibile una definizione operativa di quella che i Commissari chiamano "maturità", non esiste una definizione analoga del termine "settoriale". "Immaturo" e "settoriale" appaiono quindi usati in maniera del tutto arbitraria, all'interno di locuzioni che nella formulazione dei giudizi stancamente si ripetono sempre uguali, per promuovere o bocciare a seconda di decisioni prese sulla base di procedure che non è dato conoscere.

Basterebbe, a mio modo di vedere, una prova di idoneità unica e ben documentata per lasciare poi le Università libere di scegliere chi chiamare e a quale livello.

Mi sembra infatti, tra l'altro, che tutti o quasi gli idonei del concorso di Geofisica di prima fascia siano ultracinquantenni. Quindi troppo vecchi per promuovere innovazione reale e abbastanza giovani per impedire ulteriormente di farsi avanti alle nuove generazioni.

Forse qualche Università desidera ringiovanire il proprio corpo accademico ...

Ho scritto tutto questo perché in un articolo su Il Foglietto del 21 febbraio ho espresso un giudizio decisamente negativo sugli esiti dei lavori della Commissione 04/A4 (Geofisica).

Una Commissione di concorso universitario esplica una funzione pubblica che, in quanto tale, considero mio diritto, se lo ritengo necessario, criticare anche duramente.

In risposta a questo articolo il 28 febbraio Il Foglietto pubblica, come è sua tradizione, una lettera di protesta, peraltro prevista e auspicata, dei Commissari 04/A4 dove si arriva addirittura ad affermare che "ignoro" le leggi e il significato dell'indice H.

Una lettera allusiva, minacciosa e decisamente insultante.

Considero comunque del tutto irrilevante essere stato pesantemente insultato. L'insulto, infatti, è arte  antichissima che richiede fantasia, cultura, intelligenza e cattiveria! Costoro non sono neanche cattivi!

Non sarebbe invece irrilevante, anzi sarebbe gravissimo e imperdonabile, se alla fine di questa imbarazzante vicenda si appurasse che gli esiti sono stati fortemente inficiati da questioni e interessi meschini, che nulla hanno a che vedere con la ricerca scientifica universitaria.

*Geofisico

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