Nell'articolo che ho scritto la settimana scorsa per Il Foglietto ho commesso una grave omissione. Ho detto che fra i 55 scienziati italiani nell'elenco dei 3200 migliori al mondo per risultati e influenza, prodotto dalla Thomson Reuters, c'era solo un ricercatore dedito alle Geoscienze. E precisamente Giovanni Pitari docente all'Università di L'Aquila.
In realtà, come lo stesso Pitari mi ha fatto notare, vi sono altri due esperti nei campi della moderna geofisica. Sono Cristina Facchini e Sandro Fuzzi, che lavorano entrambi all'ISACS-CNR di Bologna.
Insieme alla redazione del Foglietto, desidero congratularmi con questi due brillantissimi ricercatori e, personalmente, mi scuso per averli involontariamente ignorati.
Non voglio esimermi dalla mia colpa ma, a mia parziale giustificazione, osservo che il CNR non si è dato molto da fare per far sapere questa bella notizia, mentre l'Università aquilana si è decisamente impegnata a manifestare tutta la sua giusta soddisfazione per avere Pitari nel suo corpo docente.
Cristina Facchini e Sandro Fuzzi si occupano dei processi fisici e chimici che si verificano nell'Atmosfera, degli effetti che questi processi hanno sui cambiamenti globali, sul clima, sugli ecosistemi e, in ultima analisi, sull'uomo.
Hanno un'attività internazionale intensissima, gestendo grandi progetti e collaborando con ricercatori di molti Paesi. Ma, sopratutto, hanno entrambi una lista delle pubblicazioni impressionante, non per il numero ma per la qualità e il prestigio delle riviste dove hanno pubblicato e pubblicano i loro risultati originali.
Non è facile descrivere in un breve articolo l'importanza e la dimensione della loro attività scientifica che, invece, emergono dai loro curriculum [1 - 2].
Quello che salta in tutta evidenza agli occhi è che, malgrado il loro grande valore, non hanno poteri decisionali nella programmazione e nella gestione della ricerca nazionale.
Come ha scritto molto bene Giovanni Bignami, presidente dell'Istituto nazionale di Astrofisica, in una lettera aperta a Renzi ("Ascolta gli scienziati"), pubblicata nell'ultimo numero de L'Espresso, dobbiamo usare queste menti superiori, beautiful minds come le ha definite la Thomson Reuters, per dare nuovo impulso, anzi far cambiar verso, al sistema della ricerca italiana.
Fra i 55 scienziati italiani più produttivi e influenti al mondo (highlycited.com) si dovrebbe creare un gruppo che rapidamente potrebbe fornire un progetto per la scienza italiana nel quadro internazionale, che non guardi in faccia a nessuno e che porti ad un rapido cambiamento basato esclusivamente sul merito.
Il progetto dovrebbe trattare non solo i temi da potenziare ma anche ammodernare drasticamente il metodo con cui attribuire fondi e decidere delle carriere.
Quest'ultimo punto è fondamentale, anzi strategico, per inserire giovani nei gradini più alti delle strutture di ricerca.
E per non assistere più al triste spettacolo di ultra sessantenni che promuovono ultracinquantenni.
Potrebbero così finalmente esser messi da parte i numerosi, troppi, personaggi che nelle Università e negli Enti di Ricerca vivono esclusivamente di posizioni in qualche modo acquisite ma pochissimo giustificate e che impediscono di fatto i grandi sviluppi che altri Paesi stanno conseguendo.
Sviluppi che avrebbero decisive ripercussioni nell'economia e nell'occupazione.
La crisi che stiamo attraversando giustifica a priori scelte indubbiamente impopolari per impedire un invecchiamento complessivo e, a quanto sembra, inarrestabile del sistema, con conseguenze negative potenzialmente irreversibili.
Abbiamo recentemente assistito, nel quadro di qualche abilitazione all'insegnamento universitario, a inaccettabili contorsioni per giustificare la promozione di personaggi con scarsi contributi scientifici e all'umiliazione di ricercatori validissimi [1 - 2 ].
Addirittura è sembrato che avere indici bibliometrici molto validi costituisca un vero e proprio handicap, determinando bocciature assurde con giustificazioni penose.
Ciò non potrà più succedere se a prendere queste delicate decisioni saranno chiamate persone che hanno mostrato, al dì la di ogni dubbio, il loro valore e che non sono minimamente influenzate da complessi di inferiorità, sia pur inconsapevoli.
Infine, non posso non notare che nessun ricercatore italiano di Fisica della Terra Solida o di Geologia è presente fra i magnifici 55. Eppure l'Italia è ricca di terremoti, vulcani, corsi di laurea e di tanti addetti nel settore.
Nel 2008 la stessa Thomson Reuters, per esempio, aveva definito l'INGV "rising star" e, quindi, mi aspettavo che qualcuna delle belli menti che vi operano "esplodesse" a livello mondiale. Sarebbe stata una grande soddisfazione.
Mi auguro che se non è successo, malgrado vi fossero tutte le condizioni, non sia dovuto a scarsa collaborazione, a dissidi inutili e a dissapori fra i ricercatori che vi operano.
Sopratutto spero che non si sia creato un ambiente dove ci si preoccupa più di difendersi dai colleghi che di trovare risposte ai tanti affascinanti problemi che il nostro splendido Pianeta pone.
Ed è auspicabile che in qualche modo sia rimasto il gusto del confronto e della competizione scientifica sul piano internazionale, così sentito dieci o vent'anni fa.
Purtroppo gli anni passano, gli entusiasmi si affievoliscono e si possono creare le condizioni perché la mediocrità, sempre in agguato, prenda il sopravvento, facendo così emergere quelli che fanno gli scienziati con i politici e i politici con gli scienziati.
Sarà purtroppo molto improbabile, se le cose stanno realmente così, che un sismologo o un vulcanologo italiano entri in un prossimo futuro nel gruppo degli scienziati più influenti al mondo.
Ma la speranza è sempre l'ultima a morire.
*Geofisico