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Mercoledì, 24 Apr 2024

Il 19 aprile 2018 esce Il Foglietto con un mio articolo dal titolo L’enigma del terremoto di Casamicciola, in cui affermo che la mattina del 22 agosto erano disponibili all’Osservatorio Vesuviano (OV), sezione campana dell’INGV, tutti i parametri del sisma correttamente determinati.

Il giorno successivo, Roberto Russo, attento giornalista del Corriere del Mezzogiorno, con un articolo si occupa della vicenda, citando l'editoriale apparso il giorno prima sul Foglietto, sul contenuto del quale chiede spiegazioni a Francesca Bianco, direttrice dell’OV. La Bianco risponde mettendo in dubbio le mie informazioni, chiedendosi quale validità abbia il rapporto citato nel mio articolo.

Le rispondo volentieri. Sono certissimo (e pronto a dimostrarlo in ogni sede) che il 29 agosto Mario Castellano, Responsabile del “Monitoraggio Geofisico” dell’OV, ha inviato ai membri dell’Unità di Crisi, e ad altri, un suo rapporto, come contributo alla preparazione del “Rapporto di Sintesi”, che il 6 settembre apparirà sul sito dell’INGV. Della Bianco, che mette in dubbio la mia parola, non posso non ricordare che il 2 agosto 2017, 19 giorni prima del terremoto, alle 22:30 in TV (Superquark, RAI), nella sua veste di direttrice dell’OV, si espresse su Ischia affermando che "Abbiamo una sismicità estremamente rara, abbiamo registrato quattro micro terremoti negli ultimi due anni. Lo studio della parte fluida, soprattutto delle acque, ci racconta di un sistema idrotermale in assoluta calma", qualunque cosa significhino quegli studi.

Nelle didascalie di due figure del predetto rapporto scritto da Castellano si legge: “Il 22 agosto mattina sono state riviste le tracce del terremoto ed è stata eseguita nuovamente la localizzazione. Il picking è stato effettuato su tutti i sismogrammi delle Reti di Ischia, Campi Flegrei e Vesuvio che avevano registrato l’evento. Per la localizzazione sono stati utilizzati i sismogrammi delle stazioni presenti sull’isola e le tracce migliori delle stazioni presenti nei Campi Flegrei. Il mainschock ha saturato i segnali dei velocimetri in registrazione sull’isola, quindi su queste tracce è stato possibile effettuare solo il picking delle onde P. A questi sono stati aggiunti i picking effettuati sulle stazioni CMIS,CBAC, BAC, ARCO, CFMN, CPOZ, CFB2, CSFT, CSOB e VENT (VENT della Rete Sismica Nazionale)”

Inoltre: “I dati dell’accelerometro sono stati scaricati la mattina del 22 Agosto ed integrati ai picking dei velocimetri. Questi dati hanno permesso di aggiungere il picking dell’onda S per rilocalizzare l’evento. Il valore della distanza temporale tra l’arrivo dell’onda P e quello dell’onda S registrate su una stazione molto vicina all’evento consente di stimare la profondità del terremoto”.

È sulla base di quei dati e di quelle considerazioni che il Castellano ottiene una localizzazione ottimale del sisma già la mattina del 22 agosto. Egli scrive, infatti, che il 22 mattina “è stata eseguita nuovamente la localizzazione”. Quindi, prima di allora erano state eseguite altre localizzazioni. Il terremoto è avvenuto alle 20:57 del giorno precedente. Pertanto, altre localizzazioni sono state effettuate fra quell’ora e la mattina del 22. Ne discende che l’OV-INGV disponeva di informazioni ineccepibili non molte ore dopo il terremoto. Si noti che Castellano, mettendo assieme i dati ischitani, vesuviani e flegrei con quelli della Rete Sismica Nazionale, aveva le condizioni ideali per la rilevazione di quel terremoto (fare il picking, come tiene a precisare, in parole povere significa aver analizzato i sismogrammi con molta cura).

Nel “Rapporto di Sintesi” del 6 settembre, 105 pagine, si ritrovano le figure di Castellano ma, inspiegabilmente, dalle due didascalie, siccome sopra riportate, scompare ogni riferimento temporale. Pertanto, il fatto che la mattina del 22 agosto l’OV fosse in grado di proporre una soluzione valida del terremoto viene misteriosamente sottaciuto dai vertici dell’INGV. La Bianco dice al Corriere che “la localizzazione definitiva, quella con minori incertezze, l’avevamo determinata il 24”.

In pratica, ammette che l’OV, che sorveglia una delle zone più pericolose al mondo, ha bisogno di quasi tre giorni per determinare un ipocentro e una magnitudo, attività che non dovrebbe richiedere molto più di un quarto d’ora, nella peggiore delle ipotesi. E questo nonostante che, in tutta evidenza, fosse disponibile una soluzione pressoché perfetta. La Bianco, per avvalorare le sue dichiarazioni, sempre al cronista del Corriere, afferma che la sera del 21 agosto era all’OV. La cosa sembra poco credibile visto che in una intervista, rilasciata nei giorni successivi al terremoto al quotidiano Il Mattino, lei stessa aveva ammesso che quella sera non si trovava a Napoli.

Carlo Doglioni, presidente in carica dell’INGV, in risposta all’articolo, scrive una lettera di smentita al Corriere del Mezzogiorno, che viene pubblicata il 25 aprile. Nega che la magnitudo sia stata modificata da 3.6 a 4.0. Nega che l’Istituto abbia comunicato la localizzazione a 10 km dall’epicentro. Nega che la localizzazione utile sia stata ottenuta già il 21 agosto. Afferma: “Il raffinamento della localizzazione è stato di circa 5 km per l’orizzontale e 3.3 km per la verticale ed è avvenuto senza nessuna sollecitazione da parte della Protezione Civile”.

Siccome il giornalista Roberto Russo basa le sue informazioni sul mio articolo pubblicato sul Foglietto, devo dedurre che, in pratica, il presidente Doglioni, al pari della direttrice dell’OV, mi accusa di raccontare cose destituite di fondamento. Analizziamo allora attentamente ciò che Doglioni scrive.

È sotto gli occhi di tutti che nella notte del 21 agosto la magnitudo sia stata aumentata da 3.6 a 4.0 con considerazioni su magnitudo locale e magnitudo durata sulle quali preferisco stendere un velo. Qualcuno particolarmente zelante si affannerà il giorno dopo a calcolare la magnitudo-momento, ottenendo 3.9, pur sapendo, voglio sperare, che quel tipo di valutazione è applicabile solo per magnitudo elevate. Insomma, un vero e proprio tour de force, che appare teso ad alzare la magnitudo in tutti i modi possibili. Che la prima localizzazione comunicata dall’INGV, assieme al valore 3.6 per la magnitudo, sia stata anch’essa sotto gli occhi di tutti è indubbio, visto che appariva in sovrimpressione sugli schermi dei televisori che trasmettevano in diretta le immagini del terremoto. Considero ormai inutile tentare di spiegare che - a mio giudizio - anche la soluzione che Doglioni propone come “raffinamento”, non si sa come ottenuta, è sbagliata e che non rientra nel margine d’indeterminazione che egli tenta di accreditare. Sarebbe necessario prima spiegare che cosa si intende con “misura” nell’ambito delle Scienze Fisiche ma il discorso diverrebbe troppo lungo.

Una volta per tutte, affermo: il terremoto del 21 agosto si è verificato esattamente sotto Casamicciola ad una profondità di alcune centinaia di metri, con un margine di errore ridottissimo. Una localizzazione perfetta. Tutte le altre soluzioni proposte sono sbagliate.

Doglioni, come dianzi evidenziato, precisa che “il raffinamento della localizzazione … è avvenuto senza nessuna sollecitazione da parte della Protezione Civile”. Tale puntualizzazione lascia davvero perplessi, atteso che - come dovrebbe essere noto a tutti ma, in particolare, al presidente dell’INGV – né la Protezione Civile né altri hanno il potere di sollecitare lo stesso INGV ad effettuare raffinamenti di sorta.

Doglioni scrive anche che nell’articolo del Corriere “viene reiteratamente e artatamente citata l’intervista del 22 agosto: nel passaggio del telegiornale per fini divulgativi...” che ha concesso al Tg2.

Perché “artatamente”? In caso di terremoto le opinioni del presidente dell’INGV, che gestisce la sorveglianza sismica, sono importanti a priori e vanno ascoltate. Possono essere sentite QUI. La faglia dipinta in rosso in mezzo al mare fa quasi tenerezza. I “fini divulgativi” non sono certo di natura scientifica. Tuttavia, ognuno è libero di proporre la divulgazione che ritiene più opportuna: basta che poi non venga smentito dall’audio.

Le dichiarazioni contenute nell’intervista e i tentativi incongrui di negarne i contenuti dovrebbero – a mio avviso – indurre chi le ha proferite a rassegnare la proprie dimissioni dall’incarico.

Ma c’è di più. La sera del terremoto, il sismologo INGV Gianluca Valensise, afferma: "Ischia è un vulcano. Nelle zone vulcaniche già a basse profondità la Terra si scalda e fonde. Non può quindi generare terremoti. Tutte le scosse che si verificano nei sistemi vulcanici si generano a profondità molto basse. I primi dati dell'INGV citano una profondità di 10 km ma si tratta di un valore prefissato che viene diffuso in automatico prima che si riesca a fissare la profondità vera".

Un terremoto, infatti, è una frattura che si propaga sulle rocce crostali. È ovvio che una frattura può propagarsi solo su un corpo fragile, solido. In rocce duttili, cioè ad una temperatura vicina o oltre quella di fusione, ovviamente non si possono verificare fratture e, quindi, non si possono avere terremoti. La crosta in una zona vulcanica come quella ischitana è sottile e per questo le profondità focali superano raramente i 2 km.

Valensise esprime la sua valutazione immediatamente dopo il sisma, come testimonia il fatto che la si può leggere in un'intervista apparsa su Repubblica la mattina del giorno dopo, il 22 agosto. Se quanto dichiarato dal Valensise fosse stata l'immediata e sola posizione ufficiale dell'INGV, secondo me, tutto sarebbe rimasto nei binari del rigore scientifico. È assolutamente incontrovertibile che il 21 agosto sera, poco dopo il terremoto, l’INGV disponeva della corretta interpretazione del terremoto stesso. Bastava dar retta a chi di Sismologia si intende veramente, come lo stesso Valensise. I tentativi di negarlo appaiono davvero incomprensibili.

Ricordo la vicenda come l’ho vissuta io. La sera del 21 agosto guardavo SkyTg24 quando cominciarono ad apparire le immagini dei crolli di Ischia. In sovrimpressione, i dati dell'INGV: magnitudo 3.6, profondità focale 10 km, epicentro in mare a una decina di km dall'Isola. Immagino che la localizzazione sia corretta, visto che è stata già comunicata ai media. Penso che sia stata determinata grazie alla Rete Sismica Nazionale, che consiste in più di 400 stazioni, alle quali si aggiungono quelle delle tre reti locali: ischitana, vesuviana e flegrea. Se do per assodato che è corretta la localizzazione, la magnitudo mi sembra decisamente sottostimata, vedendo il danneggiamento in TV. Sapendo che l’INGV e numerosi ricercatori dell’ente sono su Twitter lo scrivo in un tweet alle 23:28 del 21 agosto. Scrivo: "Pur senza accesso ai dati, penso che 3.6 magnitudo del terremoto di Ischia sia una sottovalutazione. Anche la profondità è da verificare" (si ricordi che all’epoca su Twitter erano disponibili solo 140 caratteri).

Un’ora dopo, alle 00:33 del 22 agosto, Alessandro Amato, geologo dell'INGV, mi risponde con suo tweet: "Enzo mi meraviglio di te. Dovresti sapere come funziona. Nessuna discrepanza. Stime diverse in tempi diversi. Che delusione ..." Notare che l’argomento di Amato è in pratica lo stesso che pervicacemente utilizzerà il presidente INGV per giustificare l’accaduto spingendosi, quest’ultimo, addirittura a parlare di “normale evoluzione delle ricerche”. Notare che Amato prima di rispondermi non ritiene necessario fare alcuna verifica delle mie affermazioni. Anzi, successivamente, passerà addirittura a insulti decisamente volgari nei miei confronti. Se si fosse “abbassato” a verificare la mia affermazione, invece di rifiutarla a priori, avrebbe sicuramente evitato una pessima figura per l’Istituto che lo stipendia.

Lo stesso Amato, poi, mi scrive una lunga lettera per ricordarmi che “il massimo danno spesso non coincide con l’epicentro”. Aggiunge: “Che fossero incongrue quella magnitudo e quella localizzazione ipocentrale non era così immediatamente scontato come si vorrebbe far credere ora. Sai bene che ci sono terremoti che fanno danni a distanza, sia per le caratteristiche geologiche di alcuni siti che amplificano le onde sismiche, sia per possibili carenze costruttive. Senza scomodare il terremoto di Michoacan, in Messico, del 1985, quando la capitale venne distrutta da un terremoto a 400 km di distanza nel Pacifico proprio a causa di una fortissima amplificazione della geologia locale, basti pensare al terremoto che avvenne al largo di Augusta (Siracusa) del 1990, che provocò crolli e vittime a Carlentini, a una ventina di chilometri dall’epicentro”.

Ho riportato integralmente questa parte della lettera che Amato mi ha inviato tramite Facebook, ritengo con intenti decisamente mortificanti nei miei confronti, in modo che la leggessero in tanti. Eppure, gli sarebbe bastato ascoltare quanto raccontato in TV dagli abitanti di Casamicciola (boato fortissimo, automobili che saltano in aria, sussulti violenti ...) per capire come stavano realmente le cose. C’erano, insomma, tutti gli elementi possibili per concludere che si trattava di un tipico terremoto di Casamicciola: magnitudo modesta/moderata, profondità focale minima e danneggiamento circoscritto.

L’inconferente riferimento di Amato al terremoto messicano e a quello di Carlentini del 1990 appare solo un maldestro tentativo di sfoggiare cultura sismologica. Se conoscesse, però, la sismicità ischitana, saprebbe che a Casamicciola il volume della sorgente sismica e la zona di danneggiamento sono praticamente indistinguibili.

Continueremo a parlare a lungo del terremoto di Casamicciola e delle tante incongruenze che ne stanno emergendo. Lo faremo per dimostrare l’inadeguatezza dell’attuale gestione della sorveglianza sismica e vulcanica del Paese più sismico e vulcanico d’Europa. Soprattutto, per impedire che il patrimonio che l’INGV rappresenta per il Paese e per la comunità scientifica internazionale non venga dilapidato definitivamente.

Nel decreto n. 31 del 5 aprile.2018 della Regione Campania, in riferimento al sisma di Casamicciola del 21 agosto 2017, si legge fra l’altro: “Un terremoto di magnitudo 4 ha causato la morte di due persone, il ferimento di quasi 50 e 2600 sfollati. Si aggiungono danni ingentissimi alla principale attività economica dell’isola, il turismo, che permangono a tutt’oggi. Stime di operatori del settore quantificano il danno delle disdette delle prenotazioni in 40 milioni di euro per l’isola d’Ischia e in 120 milioni per le attività della Regione. 20.000 persone hanno perso il lavoro senza poter usufruire di ammortizzatori sociali. 2000 aziende medie e piccole sono a rischio chiusura. Lo scorso periodo natalizio Ischia ha registrato un preoccupante calo di presenze, e le previsioni per la prossima primavera-estate evidenziano una grave riduzione di prenotazioni che potrebbe determinare un calo dal 30 al 60% del fatturato complessivo”.

Dopo il terremoto son passati quattro giorni prima che si sapesse dove si era verificato e quanto fosse stato grande. Quattro giorni di polemiche, discussioni e voci d’ogni tipo. Quattro giorni durante i quali se ne sono andati da Ischia tutti coloro che potevano. Chi va in vacanza nel Sud Italia va in luoghi bellissimi, consapevole che sono anche sismici e vulcanici, ma ovviamente contando di essere correttamente informato dallo Stato, se necessario.

Anche un terremoto modesto può far paura a tanta gente, ma una comunicazione tempestiva e credibile, metterebbe le persone in grado di prendere decisioni meno emotive. I danni prodotti dall’informazione ufficiale in occasione del terremoto ischitano del 21 agosto 2017 sono oggettivi. Ci sono danni molto gravi e - a mio avviso - responsabilità altrettanto gravi.

Le TV cominciano a riprendere il disastro di Casamicciola subito dopo l’evento e, con gli altri media, lo faranno per tutti i giorni successivi. All’INGV, nelle prime ore dopo il sisma, nessuno si rende conto dei commenti dei cronisti televisivi, che raccontano che un terremoto di magnitudo 3.6, localizzato a una decina di km al largo di Ischia, si comporterebbe come un missile intelligente: lascia intatti tutti gli abitati che incontra nel suo cammino, per colpire solo Casamicciola, con un’energia impensabile per un terremoto di quella magnitudo e di quella profondità focale.

Per la totale mancanza di comunicazioni attendibili, univoche e tempestive, comincia così una vera e propria diffamazione di Casamicciola: descritta dai media come costituta da edifici fatiscenti e abusivi. Una mazzata tremenda per un’isola che vive di turismo. In realtà, l’energia del terremoto è almeno 10-20 volte maggiore di quella indicata dall’INGV. La profondità focale è solo di qualche centinaio di metri: un terremoto quasi in superficie. L’accelerazione massima del suolo misurata risulta notevole, tale da creare problemi anche a edifici costruiti a norma. È così che, dopo quattro ore circa, la magnitudo viene alzata a 4.0. La localizzazione è posta ancora a mare, ma stavolta a una decina di km a Nord di Casamicciola. Per spiegare la differenza di magnitudo, si dice che 3.6 era magnitudo locale e la nuova, 4.0, magnitudo durata. E questo è quello che Doglioni definisce “raffinamento della localizzazione”.

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Sismologo dell’Accademia dei Lincei
Premio “Antonio Feltrinelli” per la Geofisica 1981

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