di Ivan Duca
Il cda del Cnr, integrato dai 5 saggi, il 19 gennaio ha riapprovato il nuovo statuto dell'ente, rispondendo alle osservazioni formulate dal Miur sulla prima versione.
Maiani, in occasione dell'incontro dello scorso venerdì con Usi/RdB, non ha consegnato copia del misterioso documento in quanto, a 48 ore dall'approvazione, non era in possesso del testo definitivo.
Pur non avendo visionato l'atto, quanto comunicato da Maiani conferma le anticipazioni del Foglietto e cioè che da agosto (data della prima approvazione dello statuto) a oggi, più di cinque mesi sono stati spesi in una vera e propria battaglia per le poltrone, in particolare per quella di direttore generale e per il numero dei componenti del cda, ora ridotti da 7 a 5, di cui 3 - compreso il presidente - designati dalla Gelmini, ed i restanti 2 comunque "individuati" dal ministro tra una quaterna segnalata da Crui, Confindustria, Conferenza Stato Regioni e Comunità scientifica.
L’attuale cda ha sì respinto la richiesta di nomina del direttore generale da parte del ministero, ma ora la stessa spetterà al futuro cda, la cui maggioranza, come detto, sarà saldamente nelle mani del ministro. Una vittoria di Pirro, come abbiamo anticipato la scorsa settimana.
Confermate, poi, alcune aberranti norme presenti nel testo licenziato ad agosto scorso: 1) impossibilità di proseguire per più di dieci anni rapporti di lavoro precario, a qualsiasi titolo stipulati; 2) individuazione di un limite statutario per il costo del personale a tempo determinato e indeterminato individuato in misura pari al 75% del Fondo ordinario.
Entrambe le norme renderebbero di fatto automatico il progressivo smantellamento dell'ente, impedendo l'ingresso di giovani energie, nonché subordinando la pianta organica ad un parametro mutevole. E, visto il costante decremento delle risorse finanziarie destinate all'ente, appare certo il futuro blocco del turn-over.
A nulla poi sarebbero serviti i tanti contributi forniti dalla comunità, che a gran voce chiedeva: sburocratizzazione; nuovo ruolo dei dipartimenti; maggiore flessibilità degli Istituti; partecipazione della comunità scientifica; processi seri di valutazione degli Istituti e delle direzioni dei Dipartimenti.
Per queste ultime, la previsione di un rapporto lavorativo esclusivo, con compensi fissi di circa 124 mila e 140 mila euro/annui, senza parametri relativi agli obiettivi, si è rivelato assolutamente inidoneo a garantirne la produttività, considerate le molte autorizzazioni rilasciate ai direttori per svolgere ulteriori attività, anche libero-professionali.