di Adriana Spera
All’esito dell’imminente Censimento, l’Istat renderà noti i dati sulle coppie conviventi dello stesso sesso?
La confusione regna sovrana. Chi dice di sì, come l’Arcigay; chi sostiene il contrario, come Gay Project; chi dice, infine, che l’Istat rileverà il fenomeno, senza diffonderne il dato.
La verità, invece, è che l’Istituto di statistica non potrà contare le coppie di conviventi dello stesso sesso perché, in caso contrario, violerebbe la vigente normativa sulla privacy.
Tuttavia, ben avrebbe potuto farlo se avesse seguito la decisione del Garante, che con il parere del 16 febbraio 2011 aveva suggerito all’ente di via Balbo di inserire nel questionario censuario il quesito "convivente dell'intestatario in coppia" (a risposta obbligatoria), seguito da due quesiti (a risposta facoltativa, trattandosi di dati sensibili), contenenti la richiesta di specificare se trattavasi di convivenza "in coppia dello stesso sesso" o "in coppia di sesso diverso". Se si voleva rilevarlo, quindi, il dato poteva senz’altro venire fuori.
In tal modo, un fenomeno che costituisce una indubbia componente della nostra esperienza quotidiana, sarebbe emerso in tutta la sua consistenza. Viceversa, ciò non accadrà, come confermato dallo stesso presidente dell’Istat, secondo il quale “Non rientra tra i compiti del Censimento raccogliere i dati sulle scelte sessuali degli italiani”.
Ma allora perché nei giorni scorsi molti quotidiani hanno affermato il contrario? Forse per l’ambiguità della "Guida" alla compilazione del questionario, che sul punto è tutt’altro che perspicua, lasciando intravedere che il fenomeno possa essere quantificato in maniera surrettizia.
Sta di fatto che, ne “L’Italia che verrà”, le coppie di conviventi dello stesso sesso continueranno a essere ignorate.
Ma non saranno esentate dal contribuire alla copertura dei costi dell’operazione censuaria, da ultimo lievitati a 590 milioni di euro.