di Roberto Tomei
Finalmente, dopo grandi consulti, corretti gli “orrori” che la sfregiavano, la facciata dell’Istat torna ora a parlare in modo comprensibile ai viandanti curiosi (ma ferrati in latino) di conoscere il pensiero del censore romano e della dea Seshet, le due statue che sormontano gli ingressi dell’edificio di via Balbo, intorno alle quali sono riportati due brani tratti rispettivamente da Tito Livio e da Tacito.
Sabato scorso, alle prime luci dell'alba, lontani da sguardi indiscreti e senza turbare il traffico automobilistico, i restauratori di una ditta specializzata (Mila appalti s.n.c.), sotto la direzione e lo sguardo vigile dell'ingegner Massimo Babudri, dirigente del servizio tecnico dell'Istat, hanno provveduto a ripristinare il testo originario delle epigrafi, come dimostra il nostro servizio fotografico.
Della vicenda Il Foglietto aveva cominciato ad occuparsi a settembre, dedicandovi poi altri articoli, rilanciati persino dalla stampa nazionale (La Repubblica e Il Messaggero), ma finora nulla era stato fatto per cancellare il disinvolto latinorum statistico.
Le epigrafi latine errate (in particolare: TEMP ISEBUR anziché TEMPLIS EBUR e ETO.HUNC al posto di ET HUNC, per non parlare di ISTIT.UTEM anziché INSTITUIT) certamente non avrebbero sorpreso Tacito, che da acuto osservatore quale era indicava in Roma il luogo “dove tutte le brutture convergono e vi fanno scuola”.
In casi come questo, Tito Livio, invece, avrebbe sicuramente consigliato una azione rapida ed efficace (tutti ricordano il dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur), improcrastinabile, soprattutto perché ci troviamo a Roma e siamo gli eredi dei romani.
Si è perso, insomma, inutilmente qualche mese, ma – dopo l’ultima “puntura” del Foglietto - si è rimediato all'incresciosa situazione, anche questa volta puntualmente ripresa da Repubblica.it.
Nunc est bibendum, dunque!
Meglio tardi che mai, anche perché si è corso il rischio del “meglio mai che tardi”, se all’interno dell’Istat avesse prevalso il partito dei “conservatori”, secondo i quali gli “orrori” andavano protetti, come testimonianza materiale avente valore di civiltà.
Peccato che non si sia mai capito di quale civiltà si trattasse.
Ora si attende che l'Istat, sempre sotto la spinta del Foglietto, rimedi a una situazione ben più grave: quella del cantiere interno alla sede centrale di via Balbo, inattivo da otto mesi, che di fatto chiuderebbe la via di fuga per centinaia di dipendenti in caso di improvvisa evacuazione.