Nemmeno si può dire tanto tuonò che piovve, trattandosi di un evento annunciato. Finito il tempo dell’attesa, nella legge di stabilità (l’ex finanziaria) si è celebrato il matrimonio, non certamente di interesse, visto che non c’è proprio niente da guadagnare per nessuno, tra il Cra e l’Inea.
Stando alla lettera della legge, è il primo che ha incorporato il secondo. Fusione per incorporazione, dunque, con il nuovo ente che ha assunto la denominazione di Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, conservando la natura di ente nazionale di ricerca e sperimentazione.
A parte la disposizione per cui il nuovo Cra (che sembra abbia mantenuto il vecchio acronimo) subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’Inea nonché nei compiti a questo attribuiti dalla legge, per il resto ci sarà da aspettare tutta una serie di eventi, congegnati a cascata tra loro, attraverso la predisposizione di un puntuale scadenzario temporale, a partire dall’entrata in vigore appunto della legge di stabilità (n. 190 del 23.12.2014, pubblicata in G.U. 29.12.2014).
Innanzitutto, entro 30 giorni si è proceduto alla nomina del Commissario straordinario (che resta in carica un anno, è prorogabile una sola volta e verrà ausiliato da due sub commissari) che, entro 120 giorni, deve predisporre un piano triennale di rilancio dell’ente nonché il testo del nuovo statuto.
Ci sono, poi, fino a 60 giorni per la chiusura del bilancio dell’Inea e la sua trasmissione al Ministero delle politiche agricole, e fino a 90 per conoscere l’entità delle risorse, umane e materiali, trasferite al Consiglio.
A scanso di equivoci, riportare ad efficienza l’ente, per il legislatore significa soprattutto ridurre di almeno il 50% le articolazioni territoriali e di almeno il 10% le spese correnti. Una dieta ferrea, dunque, con immaginabili disagi per coloro che dovranno lasciare le sedi soppresse. Intanto, il contributo annuo dello Stato per il nuovo Cra è ridotto per il 2015 di tre milioni.
Sul tavolo del commissario straordinario Salvatore Parlato c’è anche lo scottante fascicolo sulla nomina del direttore generale dell’ente, vacante addirittura dalla fine del 2012 e affidato ad un facente funzioni.
Si tratta di una tanto lunga quanto grave anomalia, che sembra non avere precedenti nella pubblica amministrazione.
La soluzione più rapida sarebbe, forse, quella di affidare l’incarico al direttore generale dell’incorporato Inea (scelto nel 2014 con una procedura ad evidenza pubblica), il cui contratto – se non ci fosse stata la fusione – sarebbe scaduto nel 2018.
In alternativa, occorrerà procedere con una call pubblica, per evitare che il nuovo Cra inizi il suo percorso perpetuando una incredibile vacatio.
Staremo a vedere se per il commissario Parlato quella del direttore generale sarà un priorità o se si continuerà con il facente funzioni.