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Sabato, 20 Apr 2024

Chi era convinto che dopo l’annullamento dell’addendum da parte del presidente Stefano Gresta, la poco edificante vicenda del plico anonimo - recapitato all’Ingv da persona sconosciuta lo scorso 20 febbraio e indirizzato al direttore generale, al responsabile per la prevenzione della corruzione e al collegio dei revisori dei conti – sarebbe stata definitivamente archiviata, deve ricredersi, alla luce di recenti sviluppi, di cui Il Foglietto è venuto a conoscenza.

Con un nostro articolo del 28 aprile scorso, avevamo dato notizia di una relazione, redatta da Tullio Pepe, responsabile per la prevenzione della corruzione, in merito al contenuto del predetto plico, nel quale l’ignoto segnalava presunte irregolarità in merito a tre appalti.

Il primo, forse il caso più grave, riguardava presunte anomalie in ordine alla costituzione di un’associazione temporanea di scopo tra Ingv e una società privata con sede a Catania (tra i cui azionisti figurerebbero due tecnologi e un collaboratore tecnico in forza a un grosso ente pubblico di ricerca), risultato aggiudicatario di una commessa scientifica da parte dell’Istituto greco Hellenic Centre for Marine Research.

A seguito di approfonditi ed accurati riscontri durati due mesi, Pepe - dopo aver accertato che l’accordo tra Ingv e società catanese, per il primo a firma del presidente Stefano Gresta, non era stato autorizzato dal cda dell’ente, non risultava sottoscritto innanzi a un notaio né era stato annotato sul repertorio dei contratti dello stesso Ingv - concludeva chiedendo all’ente l’annullamento immediato sia dell’atto di costituzione dell’associazione di scopo, datata 7 gennaio 2014, che di un successivo addendum (rectius: atto aggiuntivo), sottoscritto tra le parti il 15 gennaio 2015.

Lo stesso responsabile per la prevenzione della corruzione si dichiarava, poi, assai perplesso  per il fatto che la società catanese, dopo essere diventata partner dell’Ingv con il predetto accordo di associazione e in vigenza dello stesso, aveva partecipato a due appalti indetti dallo stesso Ingv, aggiudicandoseli entrambi, per un importo complessivo di oltre 400mila euro.

Inoltre, il dottor Pepe scriveva che, a suo avviso, l’addendum sottoscritto tra l’ente presieduto da Gresta e la società catanese il 15 gennaio 2015 - con il quale l’Ingv, al fine di accelerare i tempi delle operazioni, aveva affidato alla stessa società l’incarico di acquistare un consistente quantitativo di materiale tecnico, operazione che invece avrebbe dovuto fare direttamente lo stesso Ingv - proprio legittimo non era, visto che avrebbe potuto rappresentare un aggiramento delle procedure di acquisto da parte della pubblica amministrazione.

In pratica, l’acquisto de quo non sarebbe stato fatto con procedure di evidenza pubblica, anche se la società catanese si era impegnata ad allegare alla fattura di rimborso da emettere a carico dell’Ingv, copia delle fatture di acquisto del materiale.

Anche per le altre due vicende segnalate dal “corvo”, pur se di importanza certamente minore rispetto a quella dell’associazione di scopo con la società catanese, il responsabile per la prevenzione della corruzione dell’Ingv aveva concluso chiedendo di disdire immediatamente i contratti in essere e di bandire nuove gare pubbliche.

A seguire, anche i Revisori dei conti, nel corso della riunione del 29 aprile, avevano ritenuto fondato l’esposto.

A loro avviso, i tre contratti posti in essere dall’Ingv, con le modalità descritte dal “corvo”, proprio legittimi non erano, atteso che la costituzione dell’Ats (Associazione temporanea di scopo) tra lo stesso Ingv e una società catanese, oggetto del primo dei tre contratti, sempre secondo gli stessi Revisori - doveva ritenersi nulla.

Duro il giudizio dei controllori anche per gli altri due contratti, per cui il suddetto dottor Pepe veniva invitato a trasmettere tutti gli atti all’Anac (Autorità nazionale anticorruzione).

Dopo qualche giorno, esattamente il 6 maggio, si assisteva a un primo colpo di scena, rappresentato dalla emanazione da parte del presidente Gresta di un decreto con il quale, però, anziché annullare il contratto di costituzione dell’Ats, siccome richiesto sia dal responsabile anticorruzione che dai Revisori dei conti, il n.1 dell’Ingv si limitava ad annullare l’addendum.

A supporto di tale decreto (n. 148/2015), Gresta, senza fare alcun riferimento ai rilievi mossi dai controllori interni, si limitava a precisare che “le attività di cui al predetto addendum saranno espletate dall’Ingv”.

Nel nostro articolo del 19 maggio, dopo aver ripercorso le tappe della vicenda, così si concludeva: “Una  decisione, quella di Gresta (di annullare soltanto l’addendum, ndr), che certamente non scrive la parola fine su una vicenda che, secondo molti, è solo all’inizio e della quale, senza l’intervento di un anonimo corvo, forse nessuno si sarebbe accorto”.

A distanza di un mese, possiamo dire che Il Foglietto è stato facile profeta.

Infatti, come evidenziato in apertura i questo articolo, nei giorni scorsi siamo venuti a conoscenza di nuovi sviluppi.

Innanzitutto, l’invito dei Revisori dei conti al responsabile per la prevenzione della corruzione a trasmettere la Relazione all’Anac sembrerebbe essere stato disatteso.

Poi, abbiamo appreso di un parere su tutta l’incredibile vicenda - richiesto non si sa bene da chi - che sarebbe stato espresso per iscritto il 22 maggio dall’Ufficio legale dell’Ingv.

Gli avvocati di via di Vigna Murata, esaminata la questione, nelle conclusioni del loro parere, dopo aver sottolineato che tanto la costituzione dell’associazione di scopo tra Ingv e società catanese quanto la sottoscrizione dell’addendum erano avvenute in violazione delle norme statutarie, al fine di salvaguardare il principio di conservazione degli atti giuridici (che nel caso di specie avevano prodotto effetti concreti), suggerivano al cda dell’ente di valutare la possibilità di approvare l’Associazione temporanea di scopo (Ats), così convalidando a posteriori l’atto posto in essere dal presidente in violazione delle norme statutarie, con conseguente autorizzazione al medesimo presidente di procedere alla costituzione dell’Ats con regolare atto notarile, siccome previsto dalla legge.

Quanto, poi, all’addendum, sottoscritto sempre da Gresta senza alcuna autorizzazione da parte del cda, gli avvocati si sono limitati a prendere atto di quanto riferito da Paolo Favali, responsabile del progetto scientifico, secondo il quale lo stesso addendum non avrebbe prodotto effetti giuridici.

Nel corso dell’ultima riunione del cda, però, i consiglieri non avrebbero assunto alcuna decisone in merito, mettendo tutto in stand by, in attesa di ulteriori informazioni.

Di diverso avviso il sindacato Usi-Ricerca che, nei giorni scorsi, ha inviato un esposto sulla vicenda sia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale penale di Roma che alla Procura Regionale del Lazio della Corte dei conti.

Staremo a vedere quale sarà il decorso della vicenda e non mancheremo di riferire ai nostri lettori.

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