Qualche giorno fa, l’Istat ha reso noti i dati, per il 2015, dell’indagine sulla “Soddisfazione dei cittadini per le condizioni di vita”.
Scienza indomita, la statistica. Perché, dopo quasi dieci anni di crisi nera, ancora si ostina a misurare la “soddisfazione”, laddove il malessere e la rabbia della gente continuano a crescere a ogni piè sospinto.
Potremmo sbagliarci, dato che non siamo esperti del settore, ma ci sembra che la nostra impressione trovi conferma anche soltanto da una veloce lettura dei dati stessi dell’indagine.
In un quadro sostanzialmente stabile nelle sue tinte fosche, emerge però un dato che sorprende, anzi sgomenta. Se non in cima, quasi in cima alle preoccupazioni degli italiani ci sarebbero nientemeno che i parcheggi, il problema del parcheggio risultando per molti fonte quotidiana di ansie di ogni sorta.
Che dire? Sembra di rivedere “Johnny Stecchino”, film del lontano 1991, nella indimenticabile sequenza del dialogo in macchina tra Benigni e il suo amico siciliano. Questi, nel descrivere i problemi della Sicilia, quando tutti ci saremmo aspettati che parlasse innanzitutto della mafia, ci sorprese elencando prima l’Etna e la siccità, a suo dire fenomeni contro i quali non si può fare niente, e, poi, tra lo stupore generale, indicando il traffico, come terzo e più grave “problema” dell’isola.
Nell’indagine dell’Istat, invece, il traffico è il secondo problema, mentre il parcheggio è il terzo. Per noi ignoranti, sembra trattarsi di questioni connesse, dato che, quando uno finisce di stare nel traffico, di solito ambisce a trovare un parcheggio. Chissà come sarà stato difficile “statisticare”, come usa dirsi con brutto neologismo, questa differenza.
Curiosità a parte, ci sembra di poter dire che, con questa “scoperta” dell’ansia da parcheggio, l’Istat sia riuscita a sorprenderci forse più di quanto non sia accaduto col traffico nel film di Benigni.
Per quel che si sente in giro, credevamo che il dramma più grande per gli italiani fosse quello del lavoro, invece è quello del parcheggio. Il posto macchina, insomma, non il posto di lavoro.
Viene il dubbio che forse avesse ragione chi sosteneva, con un paragone tutt’altro che elegante, che la statistica è come il bikini. Perché nasconde l’essenziale.