Molti all’Ingv certamente ricordano – a questo punto probabilmente con nostalgia – quei lunghi messaggi urbi et orbi che Enzo Boschi indirizzava all’ente in autunno inoltrato, in preparazione della rituale compilazione del Piano Triennale di attività scientifica.
Con un fare tra il minaccioso e l’affettuosamente paterno Boschi raccomandava al popolo Ingv di pubblicare tanto, di pubblicare bene, di citare correttamente il nome dell’ente e, infine, di ricordarsi sempre di inserire le proprie pubblicazioni sulla piattaforma Earth-prints, che allora era un unicum nel panorama della ricerca nazionale.
E la produzione scientifica emergeva, eccome, crescendo a ritmi da borsa asiatica di circa il 10% l’anno, tra il 2007 e il 2013.
E proprio come con le borse asiatiche, quattro anni e due presidenti dopo, ci troviamo oggi a dover constatare che per il secondo anno consecutivo la produzione scientifica dell’Ingv è in deciso calo: si veda il grafico a margine, che espone dati aggiornati al 26 gennaio tratti dal database Scopus per le sole pubblicazioni JCR (il database ISI Web dà risultati simili ma è in forte ritardo sul 2015).
Se ogni commento è superfluo, non è peregrino tentare di leggere questi dati nella chiave dell’attuale crisi dell’ente.
Come è facile immaginare, il picco di produttività raggiunto nel 2013 - oltre 500 pubblicazioni - affonda le sue radici nella ricerca svolta tra il 2011 e il 2012, considerata l’inerzia media di almeno un anno con cui le pubblicazioni seguono i risultati.
La svolta è quindi avvenuta tra il 2012 e il 2013, regnante l’attuale presidente Stefano Gresta e il precedente CdA, come frutto avvelenato di un mix di fuga di cervelli – mai trattenuti se non addirittura incentivati ad andarsene, conflittualità dilagante, senso di scoramento generale. Come potrebbe spiegarsi altrimenti questo crollo di produttività, visto che il popolo Ingv – a parte le numerose eccellenze in fuga – è sempre lo stesso?
A questo quadro desolante va aggiunta la sostanziale sospensione dell’utilizzo della banca-dati Earth-prints, unica fonte da cui poter attingere tutta la vastissima produzione non-JCR dell’Ingv: sospensione che, con singolare tempismo, è stata attuata proprio mentre l’art. 4 della Legge 7 ottobre 2013 n. 112 (“Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”) sanciva per la prima volta in Italia l’obbligo di accesso aperto per pubblicazioni relative a ricerche finanziate con fondi pubblici.
Né va meglio con i documenti istituzionali: da tre anni i Piani Triennali dell’Ingv non fanno alcuna menzione della produttività scientifica: l’ultimo è stato quello preparato per il triennio 2012-2014.
I “Rapporti Attività Scientifica” annuali sono stati addirittura sospesi (l’ultimo disponibile è quello relativo al 2011).
Difficile capire se questa scelta sia dovuta al timore che emerga quello che ormai è difficile nascondere, o sia dovuta a mera – ma non per questo meno deprecabile - sciatteria.
Certo è che tornare ai fasti del passato sarà arduo, e come prima misura richiederà - ça va sans dire – l’immediato avvicendamento degli organi di indirizzo dell’ente che hanno assistito a questo disastro senza intervenire, o ne sono stati essi stessi responsabili.
Coordinatore nazionale Usi-Ricerca/Ingv