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Sabato, 27 Apr 2024

sede istat 400X400L’Istat, con un gioco di prestigio, nei giorni scorsi ha tirato fuori dal cilindro quella, che a suo dire, è (sarebbe) la soluzione dell’annoso problema della mancanza di risorse per finanziare le progressioni di livello del personale tecnico e amministrativo.

Se un tempo, infatti, l’onere per gli avanzamenti di livello era a carico del bilancio dell’ente, dal 2011, a seguito della circolare n. 11786 della Funzione pubblica, avallata dal Ministero dell’economia e delle finanze, è andato a gravare sul fondo per il salario accessorio che, a seguito di numerosi provvedimenti legislativi, dapprima è stato congelato e, successivamente, addirittura ridotto.

La conseguenza è stata che le risorse da destinare alle selezioni per i passaggi di livello sono diminuite drasticamente. A ciò, almeno da parte dell’Istat, si è aggiunta una ulteriore riduzione del fondo, frutto - secondo il solo sindacato Usi Ricerca - di un clamoroso quanto illegittimo abbaglio da parte dell’ente statistico, che ha “alleggerito” il fondo per il finanziamento del salario accessorio di quasi 1,5 milioni di euro annui (più che sufficienti per finanziare le progressioni di livello, legittimamente richieste a viva voce dal personale) sul falso presupposto che nell’ente ci fosse stata una riduzione di personale in servizio.

Le argomentazioni ex adverso di Usi Ricerca, comunicate all’ente fin da marzo 2015, nonostante ripetuti solleciti, non hanno mai ricevuto riscontro.

Ora, come si diceva all’inizio, l’ente presieduto da Giorgio Alleva sembra aver scoperto un “farmaco” miracoloso, in grado di risolvere un problema, che fino a oggi non si è voluto risolvere in maniera semplice, rapida ed efficace, nel pieno rispetto di leggi e regolamenti.

Si tratta della delibera n. 10 del 28 gennaio 2016, con la quale l’Istat ha deciso di creare un fondo extracontrattuale, del tutto estraneo a quello per il salario accessorio, ad hoc per il finanziamento delle progressioni di livello ex art. 54.

“In tale fondo - si legge nella nota con la quale la predetta delibera è stata inviata ai Revisori dei conti – vengono appostate le risorse (euro 1.236.560,50) già erogate agli attuali beneficiari dell’art. 54 a valere sui bilanci dell’Ente e pertanto dalle stesse non scaturiscono maggiori oneri. In esse confluiscono anche le risorse (euro 917.682,22) del personale cessato beneficiario dell’art. 54 a partire appunto dalla prima applicazione del CCNL, anche in analogia con quanto avviene per le progressioni economiche ex art. 53 del medesimo CCNL (esplicitamente finanziate dalla contrattazione integrativa con risorse che si alimentano con le cessazioni del personale beneficiario). In conclusione esso non va ad incrementare neanche il fondo per il trattamento accessorio di cui all’art. 43 del CCNL 1994-1997”.

A seguire, dalla stessa nota, si apprende che “Questo fondo in realtà è a destinazione vincolata ed è alimentato esclusivamente con le risorse scaturenti dalle cessazioni del personale beneficiario dell’art. 54. Il fondo si configura come un fondo chiuso, rimanendo fermo l’importo che sarà sempre quello iniziale pari a euro 2.154.242,72. Infatti, nel rispetto del sostanziale principio dell’equilibrio tra capitoli stipendiali e fondi di contrattazione sancito dall’art. 1, comma 193, della legge 266/2005, l’Istat in ragione dell’anno procederà a portare in detrazione dal medesimo fondo le risorse, destinate alle progressioni ex art. 54, per assegnarle ai capitoli stipendiali e finanziare i passaggi. Tali somme sono rese indisponibili, e ritorneranno al fondo solo alla cessazione del personale beneficiario”.

Si tratta di un  meccanismo, quello messo a punto dall’Istat, che - se fosse dotato di certificazione di legittimità (ma al momento, non lo è) - aprirebbe nuovi e del tutto insperati scenari, non solo nell’ente di via Balbo, ma in tutti quelli che compongono il comparto della ricerca.

Una vera rivoluzione, possibile a seguito dell’utilizzo “delle risorse scaturenti dalle  cessazioni del personale beneficiario dell’art. 54” che, però, a differenza di quelle per il finanziamento delle progressioni economiche, in passato non erano a carico del fondo per il salario accessorio, bensì dei fondi ordinari dell’ente.

Peccato che, come sottolineato dallo stesso Istat, tra il dire e il fare, ovvero prima della pubblicazione dei bandi di concorso per le progressioni ex art. 54, è necessario acquisire il disco verde da parte dagli organi di vigilanza (Funzione pubblica e Mef) che - sempre come leggesi nella nota indirizzata ai Revisori dei conti - l’ente statistico ha già interpellato preventivamente, ricevendo come risposta la conferma che “per le progressioni ex art. 54 non esiste l’analoga possibilità di finanziamento con i risparmi delle cessazioni prevista invece per l’art. 53”.

Ma allora, si sono chiesti in tanti, e noi tra loro, qual è la finalità dell’atto deliberativo n. 10 del 28 gennaio 2016, che sembra destinato ad una sonora bocciatura, peraltro già preannunciata dagli organi di controllo?

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