Il decreto di riordino delle società partecipate, anche nella versione corretta dopo i rilievi mossi dalla Corte costituzionale, non dovrebbe incidere sul destino di Mefop spa, la Società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione, di cui il Ministero dell’economia e delle finanze detiene la quota maggioritaria (59,50%). I rimanenti azionisti sono gli stessi fondi pensione, circa 90 tra negoziali, aperti e piani individuali pensionistici di tipo assicurativo.
Secondo la relazione della Corte dei conti, nell’esercizio finanziario 2015, a fronte di ricavi per 3 milioni di euro (+4,8% sul 2014), sono stati conseguiti utili per oltre 400 mila euro, seppure in leggero calo rispetto all’esercizio precedente.
E’ facile immaginare che i committenti dell’attività pubblicistica, di formazione e consulenza sui fondi pensione svolta da Mefop siano gli stessi soci di minoranza, che utilizzano, a loro volta, i contributi versati dai lavoratori per la previdenza integrativa.
Non la pensano allo stesso modo i magistrati contabili, secondo cui Mefop costituisce, invece, ‘la cerniera tra gli operatori e le istituzioni’ e ‘la Società ha compiti istituzionali che la collocano correttamente in una posizione super partes rispetto ai singoli fondi’.
Gli organi sociali hanno un costo di 150 mila euro, di cui 101 mila spettanti al Presidente del consiglio di amministrazione, il prof. Mauro Marè, che insegna anche Economia dei tributi all’Università della Tuscia di Viterbo, ed ha un contratto di collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sempre in tema di previdenza integrativa.
Per il sito internet di Mefop spa, il compenso spettante al Presidente sarebbe, invece, di soli 27.750 euro annui, come stabilito dall’Assemblea dei soci del 12 maggio 2016, in cui sono stati eletti nel Cda – per la quota spettante alla minoranza – anche due membri con alle spalle una carriera sindacale rispettivamente nella Cisl e nella Uil.
Il costo complessivo per i 15 dipendenti (1 dirigente, 3 quadri, 9 impiegati e 2 apprendisti) è stato di 1,3 milioni di euro (87.915 euro pro capite), in aumento del 9,3% rispetto al 2014, facendo storcere il naso alla Corte dei conti che ‘sottolinea la necessità che le politiche relative alla remunerazione del personale aderiscano maggiormente al generale orientamento restrittivo manifestato nel settore pubblico’ .
Anche se Mefop gode di buona salute, non si comprendono i motivi per i quali, come già evidenziato in un precedente articolo del Foglietto, lo Stato debba partecipare insieme ai gestori dei fondi pensione a una società che promuove la previdenza integrativa, anziché limitarsi a vigilare attraverso la Covip sul buon funzionamento del sistema a tutela degli aderenti e dei loro risparmi.
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