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Mercoledì, 01 Mag 2024

Dal recente congresso SISC (Società Italiana per lo Studio delle Cefalee) – EHF (European Headache Federation) sulle cefalee, tenutosi in parallelo a Roma all’inizio dello scorso dicembre, è emersa un’ipotesi secondo la quale nella genesi del mal di testa e, addirittura, dell’aumentato rischio di ictus che accompagna la particolare forma nota come emicrania con aura potrebbe giocare un ruolo insospettato l’alterazione del sistema di pulizia dei detriti cellulari del cervello, scoperto solo un paio d’anni fa, il cosiddetto sistema glinfatico.

Questo sistema è parente stretto del sistema linfatico che si occupa di tutto il resto del corpo al di fuori del sistema nervoso centrale che, fino al 2015, era ritenuto privo di un sistema di drenaggio per i cataboliti e le proteine di scarto.

Dalla prima pubblicazione su Nature di Maiken Nedergaard, presente anche al congresso di Roma con uno studio su questa scoperta, si è capito che il sistema glinfatico, che deve il suo nome alla sua correlazione con le cellule gliali di sostegno del sistema nervoso, è maggiormente attivato durante il sonno che forse deve la sua inderogabilità proprio al bisogno di questa attività di pulizia cerebrale glinfatica quotidiana.

Ma anche in stato di veglia, l’azione di questo sistema spazzino sarebbe importante nelle patologie neurodegenerative come il parkinson o l’alzheimer, dove ripulirebbe rispettivamente l’alfa-sinucleina o l’amiloide, oppure nei traumi cerebrali e nell’invecchiamento, dove si occuperebbe dei cataboliti cellulari.

Al congresso SISC-EHF di Roma, Rami Burstein della Harvard Medical School di Boston ha avanzato una nuova ipotesi che spiegherebbe perché chi soffre di emicrania con aura ha un aumentato rischio di ictus. La spreading depression, cioè la depolarizzazione elettrica che si verifica nell’attacco emicranico, infatti, manderebbe in tilt il sistema glinfatico alterando la funzione di drenaggio del cervello dall’immondizia cellulare cosicché non possono più essere ripuliti eventuali microtrombi facilmente riscontrabili nei pazienti, soprattutto se di sesso femminile, che fumano, prendono la pillola o si sottopongono a una terapia ormonale sostitutiva e hanno particolari disturbi coagulativi.

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