La Commissione europea nel novembre 2020 ha notificato all’Italia (insieme ad Austria e Croazia) l’attivazione di una procedura di infrazione per non aver ancora adottato un programma nazionale per la gestione dei propri rifiuti radioattivi, conformemente alle norme dell’Ue e, in particolare, alla direttiva 2011/70 Euratom sul combustibile esaurito degli impianti nucleari e sugli altri rifiuti radioattivi. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva entro il 23 agosto 2013 e a notificare i loro programmi nazionali alla Commissione entro il 23 agosto 2015.
Si parla inutilmente della necessità di sistemare questa tipologia di rifiuti dal 1968. Il tentativo di imporre manu militari e con un commissario che poteva agire extra ordinem la realizzazione del Deposito Unico Nazionale per i Rifiuti Radioattivi a Scanzano Ionico (MT) nel 2003, senza nessun riguardo e adeguata informazione per la popolazione, fu giustamente respinta a furore di popolo con manifestazioni tra le più straordinarie verificatesi in Italia, concluse con la marcia delle 100mila persone.
Il ritardo stupefacente che sta accumulando il governo italiano ci sta portando dritto dritto a pesantissime possibili sanzioni dell’Unione Europea col rischio, in aggiunta, di sacrificare la partecipazione effettiva del pubblico, che dev’essere adeguata, profonda, sostanziale e non burocratica, come passaggio ineludibile per un argomento di così tanta importanza e per evitare quanto è successo a Scanzano Ionico.
A fine 2020, è stata resa nota da parte di SOGIN (società finanziata dal Ministero del tesoro, che ha il compito di smantellare le centrali nucleari italiane fino al “green field” e di realizzare il deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi) la carta nazionale delle aree POTENZIALMENTE idonee (chiamato con l’acronimo CNAPI). Con l’assenso dei Ministri per lo Sviluppo Economico e il Ministro dell’Ambiente, del Territorio e del Mare, prendeva il via la procedura per la realizzazione del Deposito Nazionale per i Rifiuti Radioattivi con annesso Parco tecnologico.
Dal 5 gennaio 2021, è stata avviata la fase di consultazione, della durata di 60 GIORNI (con un documento per la consultazione), alla quale era possibile iscriversi online; entro 120 GIORNI dalla pubblicazione, era previsto un seminario nazionale con vari soggetti tra cui l’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione, Enti Locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati.
Dopo il Seminario Nazionale, Sogin nei NEI SUCCESSIVI 30 GIORNI , doveva raccogliere le ulteriori osservazioni per trasmetterle al Ministero dello Sviluppo Economico per la redazione della proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee.
La carta delle aree idonee doveva essere nuovamente sottoposta ai pareri del Ministro dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo ISIN, del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
In base a questi pareri, il Ministero dello Sviluppo Economico avrebbe dovuto convalidare la versione definitiva, integrando le proposte elaborate con i contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. E non basta! Il deposito doveva essere sottoposto a due valutazioni: una per gli aspetti di radio-protezione e l'altra per il parere V.I.A. (Valutazione dell'Impatto Ambientale).
LA PROCEDURA E’ STATA FERMATA a "caro amico". A febbraio 2021, si è insediato il governo “dei migliori” a guida Draghi, succeduto al Conte 2; il ministero dell’Ambiente è stato cancellato per quello della “transizione ecologica” (coi risultati assolutamente deludenti di Cingolani che ha sostituito Costa) e la faccenda – evidentemente scomoda – non è stata portata avanti.
L’Italia ha il dovere di realizzare il deposito unico per i rifiuti radioattivi, ne ha le capacità scientifiche e professionali (che nel tempo diminuiscono per i pensionamenti!) e ne ha bisogno. Questione anche di etica.
Inoltre, che credibilità hanno personaggi politici che invocano oggi programmi per produzioni energetiche nucleari mentre tacciono e mostrano incapacità sulla sistemazione delle scorie italiane, peraltro di entità notevolmente più bassa rispetto a quelle delle altre Nazioni?? Evidentemente non si vergognano.
ATTENZIONE: quando parliamo di materiali radioattivi, non dobbiamo pensare solo alle centrali elettronucleari di potenza, agli impianti di riprocessamento dei combustibili irraggiati di quelle centrali, ma ci riferiamo a UN MONDO ASSAI PIU’ VASTO che ha prodotto in passato e CONTINUERA' A PRODURRE IN FUTURO, anche se in maniera molto ridotta per la chiusura delle centrali nucleari, rifiuti radioattivi che è necessario e doveroso doveroso gestire.
SOGIN ha pure un tesoretto accantonato per farlo, alimentato dalle accise delle nostre bollette elettriche. Manca la politica.
I rifiuti COMPLESSIVAMENTE provengono:
➔ Dalle quattro centrali elettronucleari chiuse a seguito del referendum del 1987 e consistono in elementi di combustibile irraggiato, rifiuti gestionali, parti radiologicamente contaminate esito del decommissioning (vale a dire dello smantellamento) in corso;
➔ Dagli impianti di ricerca e/o di riprocessamento (Eurex in Saluggia – Vercelli; ITREC in Rotondella – Matera , OPEC e IPU in Roma alla Casaccia; ma esistono altre casistiche come Fabbricazioni Nucleari (FN) di Bosco Marengo (Alessandria) e laboratori in ambito universitario;
➔ Dai reparti di medicina nucleare e di radiologia medica (cosiddetti “medicali”);
➔ Dall’industria (gamma-grafie per la verifica delle possibili imperfezioni interne delle saldature meccaniche, dalla produzione di lastre in macchine a controllo numerico ottimizzato…);
➔ Da materiali dismessi del secolo scorso (sorgenti di gamma-grafia di officine meccaniche dismesse, parafulmini radioattivi, aghetti di Radio o sorgenti usati in medicina, sorgenti di Cobalto60 usate in passato per l’irraggiamento di sementi e tuberi.
Buona giornata a tutti, aspettando la maxi-sanzione che pagheremo per l’infrazione europea a causa della pusillanimità di chi avrebbe dovuto, deve e dovrebbe fare.
Giovanni Damiani
Già Direttore di Anpa e Direttore tecnico di Arta Abruzzo
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