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Sabato, 13 Dic 2025

Alluvione ID 6904Penso, fuori dal coro, all’Italia sott’acqua e sfogo in 10 punti: vediamo dove siamo arrivati e cosa ci sarebbe da fare.

1) Siamo nell’antropocene, era di cambiamenti climatici globali prodotti per la prima volta dalle attività umane. Era della “pirotecnica”, ove la produzione di beni, il riscaldamento degli edifici, l’uso dell’energia, i trasporti sono basati sulle fonti fossili con conseguenti imponenti emissioni di fumi climalteranti. Le piogge di straordinaria intensità divengono sempre più frequenti, con le nubi “tropicalizzate”, nuova disastrosa “normalità”.

2) Che le cose sarebbero andate così si sapeva fin dagli anni ’70, ma non è stato fatto niente per frenare la corsa verso il suicidio climatico. Circa 200 Nazioni aderenti all’ONU si sono incontrate oramai 26 volte dal 1992 (ultima COP 26 = Conferenza delle Parti per il Clima, riunitasi la ventiseiesima a Glasgow), hanno preso impegni per la riduzione delle emissioni ma questi non vengono mantenuti. Anzi i paesi ricchi, maggiori responsabili delle emissioni, insistono col petrolio, gas, col disboscare il Pianeta per fare degli alberi legna da ardere nelle grandi centrali elettriche a biomasse legnose.

3) Piove “cattivo”, come mai, ma su un territorio artificializzato come mai, con asfalto, piazzali, capannoni, cemento: il consumo di suolo in Italia è di 2,2 metriquadri al secondo, pari a 19 ettari al giorno!

4) Il paradigma fallimentare è stato inoltre quello di velocizzare per quanto possibile l’acqua da fiumi, fossi, torrenti, ruscelli, perché se ne vada prima possibile in mare. I corsi d’acqua così, con grandissimo dispendio di denaro pubblico, sono stati rettilineizzati, sagomati, cementificati, sistemati con gabbioni riempiti di pietrisco, con palancole infisse in profondità, ripuliti della vegetazione perché l’acqua corresse via veloce a perdersi in mare.

5) Ne è derivato che, finite le piogge intense, arrivano lunghi periodi di drammatica siccità e ondate di calore da record: l’acqua è stata mandata via dal territorio, non ha avuto tempo di infiltrarsi, di essere ritenuta. Una volta si piange per le alluvioni e, un'altra, sullo stesso territorio, si piange per la siccità.

6) Le acque che scolano dai tetti degli edifici, dalle strade, dai piazzali, sono inviate in fognatura, per allontanarle rapidamente come fosse un “rifiuto”: persino le aiuole hanno cordoli e muretti che impediscono all’acqua di infiltrarsi nel fazzoletto di terra scoperta e dare un pò di sollievo all’albero che vi è incassato dentro.

7) Il serbatoio gratuito più grande che esista al mondo è il sottosuolo, oggi sempre più carente di acqua che non lasciamo infiltrare al punto che risale il cuneo salino dei fiumi (nel Po di 43 km nell’entroterra) che distrugge la fertilità dei campi.

8) L'eliminazione dei boschi, ecosistemi che sono i più grandi ed efficienti catturatori e accumulatori di acqua nel loro suolo e sottosuolo, che la purificano e la rendono al miglior grado di mineralizzazione idonea alla vita, ha comportato quel che sta succedendo nelle Marche e in Emilia-Romagna: bacini estesi che raccolgono la troppa acqua che cade dal cielo e che viene velocizzata, perché non c'è nulla che la trattenga, e arriva a quantitativi che nessun corridoio fluviale può contenere.

9) Le foci dei fiumi, tutti quelli che stanno producendo disastri e vittime, sono alterate per la realizzazione di porti e porticciuoli, senza considerare adeguatamente il rapporto col mare che, col moto ondoso, ripulisce i depositi dei sedimenti e alla fine, come a Pescara, si ha un innalzamento del letto tale da creare un tappo al libero deflusso delle acque.

10) Occorre cambiare paradigma: è indispensabile operare perché l’acqua non vada velocizzata verso il fiume, ma trattenuta diffusamente sul territorio per quanto possibile, va rallentata coi boschi, va fatta infiltrare nel sottosuolo…, va gestita lasciandola più a lungo possibile sulla terra col rimboschimento (da effettuare con selvicoltura ecologica) di zone di territorio che abbiamo “ripulito” di alberi in passato e smettere di disboscare ancora oggi.

I corsi d’acqua devono avere il loro spazio e non le camicie di forza con opere di arginatura per rubare ogni metro quadro di sponda per l’edilizia, per le strade e per l’agricoltura industriale. La vegetazione fluviale è la vita del fiume, appartiene al fiume, svolge ruoli benèfici enormi (sarà oggetto di un prossimo mio intervento) tra cui quello di frenare l’acqua, che rallenta, ne mitiga l’energia devastante, la fa infiltrare nei ghiaioni laterali delle sponde ricaricando le falde, così da essere trattenuta più a lungo sul territorio e avviata al deflusso dolcemente nel tempo.

Invece, i cosiddetti esperti riduzionisti che, coi loro paradigmi hanno responsabilità nella crisi, parlano di eliminare quel che resta della vegetazione dei fiumi e della loro natura. Si concentrano sugli effetti e non considerano le cause diffuse, vivine e lontane, del dissesto. I politici ignoranti pendono acriticamente dalle loro labbra e si preparano al taglio dei nastri per ulteriori opere di artificializzazione fatte coi soldi dei contribuenti.

A questa età e dopo 40 anni che mi occupo di ecologia dei fiumi, mi è stato riservato dalla sorte persino di vedere che Salvini, quale ministro delle infrastrutture e dei trasporti, potrà presiedere, su delega del presidente del consiglio, la “Cabina di regia per la crisi idrica” (art. 1, decreto-legge n. 39/2023). Mi chiedo: con quali competenze?

Mi coglie tristezza infinita per la povera gente colpita dalle inondazioni, ma questo deve aumentare il mio e, spero, il nostro impegno per l’ecologia di questo nostro mondo martoriato.

damiani giovanni tondoGiovanni Damiani
Già Direttore di Anpa e Direttore tecnico di Arta Abruzzo
Presidente G.U.F.I. - Gruppo Unitario Foreste Italiane
facebook.com/giovanni.damiani.980
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