di Adriana Spera
Avevamo definito la legalizzazione del poker cash, ossia dei giochi a pagamento on line, come uno dei provvedimenti peggiori della manovra finanziaria varata dal governo lo scorso mese di luglio.
La nostra preoccupazione era fondata, se è vero, come è, che in soli due mesi sono stati giocati 902,7 mln di euro. La legge prevede un tetto di gioco facilmente aggirabile.
Il poker va a sommarsi agli altri giochi a pagamento già possibili in rete, che nel 2010 avevano prodotto un fatturato di ben 61,4 miliardi di euro, pari al 4% del Prodotto interno lordo (Pil) e un incasso per l'erario di 9,9 miliardi di euro. Facendo qualche proiezione gli italiani nel 2011 potrebbero spendere per i giochi ben 73 miliardi, mentre nel 2012 solo per i giochi on line si potrebbero spendere 20 miliardi di euro.
Le somme distratte per tutti i giochi sono più che quintuplicate (nel 2000, si spendevano 14,3 miliardi) ma lo Stato in proporzione incassa sempre meno essendo passato il prelievo dal 16 al 12%. Eppure, il gioco d'azzardo è a tutti gli effetti una tassa occulta che pesa prevalentemente sui più poveri e disperati e che va ad arricchire non tanto lo Stato quanto le mafie, che riciclano denaro sporco ricorrendo alle più svariate attività apparentemente lecite.
I pochi studi condotti da associazioni che si battono affinché si equipari il gambling, la dipendenza da gioco d'azzardo, alle tossicodipendenze, sostengono che sono giocatori compulsivi il 47% degli indigenti e il 66% dei disoccupati. Il giocatore tipo è meridionale (Sicilia, Campania, Sardegna e Abruzzo sono in testa con il 6,5% del reddito destinato al gioco) e nell'80% dei casi giovane.
Ma, evidentemente, non sono stati in molti ad aver colto che la legalizzazione del poker cash è uno dei 27 provvedimenti per lo sviluppo e la famiglia. Questo del resto, passa il governo che abbiamo.