di Flavia Scotti
La fretta e la furia non hanno mai prodotto buoni risultati. Nè poteva fare eccezione la recente manovra approvata dal Governo Monti, in particolare per quanto riguarda la previdenza.
La decisione di differire tout court di 3-5 anni il collocamento in quiescenza di migliaia di lavoratori ormai prossimi a raggiungere i 60 anni di età e i 40 di contributi se alleggerisce temporaneamente il conto economico degli enti previdenziali, che gode comunque di buona salute, certamente non agevola il processo di ammodernamento della P.A., con l’ingresso nei ruoli della stessa di nuova forza lavoro.
Tra tagli agli organici e mancati pensionamenti, i margini per nuove assunzioni sono ormai ridotti al lumicino.
Anche la soppressione dell’istituto dell’esonero dal servizio con 36 anni di contributi è destinato a aggravare la situazione.
Al riguardo, sembra avere avere ragione Francesco Verbaro, che in un recente articolo apparso su Il Sole 24 Ore ha scritto che “viene da pensare che chi conosce di pensioni non sappia cosa accada nelle pubbliche amministrazioni italiane e viceversa, ma soprattutto che vi sono oltre 300 mila eccedenze di personale nelle amministrazioni pubbliche e 150 mila nelle società partecipate.Abbastanza per pensare a norme speciali di fuoruscita e non di trattenimento”.
Ma la Fornero la pensa diversamente.