di Flavia Scotti
Susanna Camusso, per dire che le “anzianità” non si toccavano, affermò lapidaria: "Quaranta è un numero magico!", riferito agli anni di contributi necessari per andare in pensione. Di lì a poco, di fronte all'arroganza del governo Monti, la magia si sciolse come la neve al sole.
Il 9 febbraio, con l'adesione - unica mancante nel settore pubblico - del comparto ricerca al fondo di previdenza complementare "Sirio", siglata da Cgil, Cisl, Uil, il quadro sembra completo.
Anche per la ricerca i confederali si apprestano a essere gestori di fondi pensione, con tanto di consiglio di amministrazione, dove siederanno ben 9 rappresentanti sindacali, retribuiti con onere a carico del Fondo stesso.
Precedenti intese a quella "Sirio" avevano coinvolto altri comparti dando vita ad altri fondi: "Espero", per la scuola; "Perseo" per enti locali e sanità. Nomi mitici, che sembrano promettere una vecchiaia priva di preoccupazioni. Invece in nessun caso l'associato ha la garanzia di ottenere ... la restituzione integrale dei contributi versati ovvero un rendimento finale rispondente alle aspettative".
A dirlo non è l'Usi-Ricerca, che non ha sottoscritto l'adesione, ma le schede informative dei medesimi Fondi.
Chi sottoscrive i fondi si impegna a versare una parte della propria retribuzione mensile per avere un montante indefinito e una piccola rendita.
Ma a pagare saranno anche coloro i quali non aderiranno, perché parte del salario accessorio e degli aumenti contrattuali che dovessero arrivare dopo il 2014 andranno a rimpinguare i vari fondi, il cui rendimento è calcolato sulla base dell'andamento di un paniere (di fondi pensione), che negli ultimi anni ha reso un misero 0,13%, contro il 3,5% della rivalutazione del Tfr.
In ballo, per "Sirio," esteso anche alla ricerca, vi è un possibile bacino di utenza di 350 mila lavoratori e 1,5-2 miliardi l'anno destinati ad alimentare quella speculazione finanziaria, che tanto male ha fatto all'economia reale.