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Mercoledì, 03 Lug 2024

di Adriana Spera

Mentre impazzano le polemiche sui criteri adottati dall'Anvur per valutare la gran parte del mondo della ricerca italiana (università ed enti vigilati dal Miur), la Corte dei Conti con una Relazione, pubblicata il 17 aprile, ha emesso il suo verdetto sulla qualità e l'efficienza della spesa nel settore, per il quinquennio 2007-2011.

Dalle audizioni con funzionari Miur e Mef e dall'esame della documentazione la Corte trae un giudizio poco lusinghiero sull'efficienza del sistema ricerca in Italia.

Gli enti vigilati hanno ora trenta giorni per opporsi ai rilievi mossi, oppure entro sei mesi dovranno comunicare alla Corte stessa e al Parlamento "le misure consequenziali adottate".

Numerose e non di scarso rilievo le discrasie che emegono dall'indagine della magistratura contabile.

Innnanzitutto, il mancato adeguamento delle risorse investite nella ricerca scientifica agli impegni assunti in sede europea (3% del Pil, 2/3 a carico di privati). Invece, con gli ultimi tagli, si è scesi addirittura allo 0,54%.

Poi, un Fondo ordinario alimentato da una "estrema eterogeneità delle fonti di finanziamento e dei soggetti coinvolti".

La ripartizione dei fondi, per i giudici, appare cervellotica, non avvenendo secondo il disposto del D. Lgs 213/09, "sulla base della valutazione dei risultati nonché destinando una quota al finanziamento premiale di specifici progetti proposti dagli enti".

Dopo tre anni, l'Anvur, pur istituita nel 2006 e per il cui funzionamento si spendono risorse crescenti, sta muovendo (e in modo incomprensibile) i primi passi, cosicché le risorse seguono ancora il criterio della spesa storica, che ha sempre privilegiato alcuni enti in danno di altri.

Il Piano triennale della ricerca, a causa della complessità delle procedure previste per la sua elaborazione, fino al 2011 non è stato mai varato, per cui il ministro di turno ha scelto solitariamente quali potessero essere i progetti bandiera da finanziare.

Le risorse vengono sempre erogate con un anno di ritardo e ciò oltre a impedire una programmazione seria, "si riverbera sull'efficienza di un settore caratterizzato da una forte dinamicità".

Ma la vera chicca presente nella Relazione dei giudici contabili è che, pur in presenza di esigue risorse investite nel comparto, ci si permette di non saperle neppure gestire in maniera efficiente, tant'è che vi è un'elevata quota di residui (mediamente oltre 500 mln), per cui "si ritiene indispensabile un intervento strutturale onde evitare che gli stanziamenti…non raggiungano gli obiettivi cui sono finalizzati".

Infine, la Corte chiede trasparenza nella scelta dei progetti bandiera e che gli stessi siano svolti con personale interno agli enti e non ricorrendo sistematicamente a consulenze.

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