Redazione
Il 28 novembre, Francesco Profumo, ministro dell'istruzione, università e ricerca, ha firmato il decreto che definisce la “Convenzione quadro tra atenei ed enti pubblici di ricerca per consentire a professori e ricercatori universitari a tempo pieno di svolgere attività di ricerca presso un ente pubblico e ai ricercatori di ruolo degli enti pubblici di ricerca di svolgere attività didattica e di ricerca presso un’università”.
Il provvedimento permetterà a ricercatori e professori universitari di ruolo di svolgere la propria attività anche presso enti di ricerca e ai ricercatori di ruolo in servizio presso enti di ricerca di svolgere la propria attività anche presso un ateneo.
Le convenzioni, che potranno interessare più dipendenti di entrambi gli enti firmatari, avranno una durata minima di un anno massima di cinque, e stabiliranno le modalità di riparto dell'impegno e delle attività da svolgere presso l’ente o l’ateneo di destinazione, con particolare riferimento ad un eventuale impegno didattico.
Sulla base di queste informazioni saranno inoltre definite le modalità di ripartizione degli oneri stipendiali. In ogni caso, per l’intera durata della convenzione sarà comunque riconosciuto al professore o ricercatore il trattamento economico e previdenziale ricevuto presso l’ente o l’ateneo di appartenenza.
Le disposizioni e i criteri previsti dal decreto interessano gli enti di ricerca vigilati dal Miur, le università statali, compresi gli istituti universitari a ordinamento speciale, le università statali legalmente riconosciute, le università straniere e i centri internazionali di ricerca.
Risultano immotivatamente esclusi tutti gli altri enti pubblici di ricerca non vigilati dal Miur, tra i quali Istat, Iss, Enea, Cra.
Altrettanto discriminati appaiono i tecnologi o almeno quelli, e sono tanti, in possesso di curriculum assolutamente idonei per poter svolgere attività didattica presso gli atenei.